Il direttore dello Spallanzani: «Coronavirus, nessun pericolo tra le calli. Basta non baciare chi è malato»

Domenica 16 Febbraio 2020 di Marta Gasparon
Turisti cinesi a Venezia con la mascherina di protezione
VENEZIA - «Nelle calli di Venezia? Non vedo rischi». Ha esordito così Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani che ieri, in videoconferenza, è intervenuto a Venezia in un panel dedicato all’emergenza coronavirus.
Un appuntamento che ha preso vita nell’ambito del convegno del movimento “Liberi, oltre le illusioni”, che aveva per titolo “Perché l’Italia non sembra capace di trasparenza e buone pratiche?”, svoltosi ieri nel campus economico di Ca’ Foscari.

COME COMPORTARSI
«Se la gente non si bacia con una persona che ha la malattia – ha detto Ippolito sdrammatizzando sul pericolo di un eventuale contagio in città durante il periodo del Carnevale – è molto improbabile che venga contagiata. A meno che questa non gli starnutisca in faccia o che vi siano fra loro contatti prolungati e ravvicinati. Detto questo, spero che comunque le persone continuino a baciarsi...».
L’incontro è stato l’occasione per fare chiarezza su molti punti e per dare risposta agli interrogativi che la gente si pone in questo periodo, rischiando spesso – com’è stato sottolineato – di andare dietro ad allarmi ingiustificati o, al contrario, verso una sottovalutazione del problema. Soprattutto considerando che ogni anno, in Italia come in tutto il mondo occidentale, «ci sono migliaia di morti a causa dell’influenza stagionale. Numeri a cui non prestiamo la dovuta attenzione e che riguardano giovani ed anziani. Tanti i morti per coronavirus? Sono sostanzialmente stabili e fortunatamente uguali o inferiori a quelli che fa il più comune virus influenzale».

PERCENTUALI DI RISCHIO
Perché se è vero che quest’ultimo provoca una morte su mille casi, è vero anche che il coronavirus ne provoca un logaritmo in più (dunque dallo 0-1% all’1-2%). E a confortare c’è un ulteriore dato. «I virus, passando da una generazione all’altra, tendono ad attenuarsi, diventando meno aggressivi. E la speranza è che il coronavirus si comporti allo stesso modo». Sull’evoluzione del virus si conosce tuttavia ancora pochissimo. Senza considerare – a detta di Ippolito – che le persone che ultimamente ne parlano di più sono quelle prive di esperienza. Quel che è certo è che siamo di fronte ad un’epidemia di grandi dimensioni, che si diffonde (come sta dimostrando) piuttosto facilmente e attraverso lo spostamento delle persone.

LA VOCE DI CAPUA
E’ intervenuta in videoconferenza anche la virologa Ilaria Capua che si è soffermata sull’importanza di fare attenzione alle fonti da cui si traggono le notizie, per evitare che si generi il panico: sul tema circolano infatti molte fake news. «Dobbiamo lavorare tutti insieme – ha dichiarato – in quanto non abbiamo dati per dire che si verificheranno scenari apocalittici». L’importante è far sì che il virus arrivi in ogni Paese un po’ per volta. «Perché la vera preoccupazione è che se per esempio si ammalasse il 10% della popolazione italiana, tutta insieme, si bloccherebbero i servizi primari. Dobbiamo pensarci prima che venga infettato qui un numero significativo di persone, usando la “finestra” temporale di un paio di settimane o forse di un mese che ci separa dall’arrivo del virus, per mitigarne l’effetto. Il rischio vero è che il panico si diffonda e la situazione a quel punto non sia più gestibile».

FORME LIEVI
A tranquillizzare c’è una percentuale messa in luce da Ippolito: il 90-95% delle persone che s’infetterà avrà forme di scarsa rilevanza. Notizia di questi giorni è intanto che il coronavirus ha raggiunto l’Africa. «Questa è stata una delle prime preoccupazioni del direttore generale dell’Oms – ha detto Capua – poiché in quei Paesi non hanno gli strumenti per mettere in atto le misure di quarantena come in Cina. È quindi facile pensare che il virus, dall’Africa, farà il giro del mondo».
Cosa imparare da quest’esperienza? «Che la salute di tutti noi dipende anche da altre forme di vita, quali gli animali, le piante e l’ambiente che ci circonda; e da come noi ci comportiamo nei loro confronti. Dobbiamo fare un salto di qualità e iniziare a pensare in modo diverso».
Ultimo aggiornamento: 09:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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