Trenitalia licenzia capotreno a Venezia perché fa troppe multe. La Cassazione lo reintegra: «Faceva gli interessi dell'azienda»

Il signor B. era diventato l'incubo dei pendolari: migliaia di multe in soli due anni, ma il tribunale gli ha dato ragione e ora è tornato a lavorare

Sabato 23 Aprile 2022
Trenitalia licenzia il suo capotreno: «Fa troppe multe». Ma la Cassazione lo reintegra: «Faceva gli interessi dell'azienda»
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Torna l'allarme tra i pendolari del Veneto: il signor B. è tornato in servizio.

Lui il capotreno più severo che ci sia mai stato in Italia dopo essere stato licenziato da Trenitalia per «per giusta causa» nel 2017 è stato reintegrato nel servizio dalla Corte di Cassazione. Per i giudici il sessantenne non meritava un trattamento così duro. D'altronde lui faceva solo il suo lavoro. Il signor B., capotreno a Venezia, aveva difatti il compito di controllare che tutti i passeggeri viaggino con regolare biglietto.

Trenitalia licenzia dipendente perché faceva troppe multe

Peccato che l'uomo abbia avuto un eccesso di zelo e in solo due anni abbia scritto migliaia di contravvenzioni, diventando così l'incubo dei pendolari. E nella sua "eccessiva" voglia di "giustizia" sono state staccate anche delle multe sbagliate. Trenitalia ne ha contate ben 175, con un danno di circa 10mila euro. Alcuni pendolari quindi si sarebbero ritrovati a pagare multe più care del previsto, altri a versare molto meno di quanto avrebbero dovuto. Il suo comportamento, secondo i vertici dell'azienda, aveva creato un danno d’immagine e problemi economici alla società partecipata. 

La decisione dei giudici

Ma per il tribunale di Venezia e per la Cassazione l'uomo va premiato e non sono viene reinserito nell'organico dell'azienda con l'annullamento del licenziamento ma viene anche descritto come un uomo di «zelo non comune, inflessibile ed estremamente puntiglioso nell’elevare contravvenzioni», un controllore dotato di una «intransigenza zelante». Trenitalia nonostante abbia fatta di tutto per evitare di reinserire il suo dipendente alla fine si è dovuta arrendere. I suoi avvocati, come riporta il Corriere del Veneto, hanno fatto appello al numero esiguo di errori commessi dal loro cliente, appena il 3,5% delle multe che aveva disposto, ben 5mila in due anni. Così il controllore ha vinto in tutti i gradi di giudizio.  La Suprema Corte ha stabilito che, l'inflessibilità del sessantenne era nell'interesse dell'azienda e non per un tornaconto personale. E soprattutto gli errori commessi sono una conseguenza dell’eccesso di zelo del controllore, un atteggiamento che non va perseguito.

Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 22:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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