VENEZIA - Se negli ultimi 5 anni avete fatto una capatina a Venezia dovete averlo notato per forza. Pasquale Aita, clochard 47enne di origini tedesche, è una presenza fissa di piazzale Roma.
Il problema è che Pasquale, inizialmente adottato dalla città come una tenera mascotte, negli anni è andato ben oltre il ruolo di “giullare moderno”: da mesi, armato di bomboletta spray, ricopre di scritte le sedi istituzionali (e non solo) della zona con insulti e messaggi deliranti nei confronti del sindaco Luigi Brugnaro, del governatore Luca Zaia e del procuratore della Repubblica Bruno Cherchi.
E non finisce qui: tra imbrattamenti, lesioni, danneggiamenti, divieti di accesso, inottemperanza a fogli di via del questore ha collezionato la bellezza di circa 80 denunce (tra polizia di Stato, carabinieri e polizia locale) dal 2019 ad oggi. Ci hanno provato tutti a spostarlo da piazzale Roma, con le buone e con le cattive: il Comune gli ha offerto un letto alla casa dell’ospitalità (rifiutato), poi sono arrivati i Daspo (mai rispettati) e i fogli di via (come sopra). A quanto pare, non c’è modo di schiodarlo da lì: le sue intemperanze non sono così gravi da permettere un’azione di forza, ma allo stesso tempo sono il manifesto della resa delle armi del sistema che, a questo punto sembra evidente, non è in grado fermarlo. Anzi, non riesce nemmeno a impedirgli di dormire davanti al tribunale. In sintesi, Pasquale da solo riesce a tenere in scacco politica e giustizia.
E pensare che cinque anni fa quando l’allora questore Angelo Sanna gli notificò il primo foglio di Via si mossero mari e monti per proteggerlo. Petizioni online, associazioni cittadine e persino alcuni consiglieri regionali fecero quadrato: «È colpevole di essere un simpatico e bonario clochard trattato come una persona pericolosa - disse in quell’occasione l’allora consigliere della lista Zaia Stefano Valdegamberi - Faremo una colletta per difenderlo contro l’ingiusto foglio di via». E in effetti, allora, sembrava proprio così. Intendiamoci, Pasquale anche cinque anni fa sapeva essere molto molesto (la richiesta del questore era motivata da alcune aggressioni contestate a Pasquale davanti alla Coop), ma emergeva sicuramente di più il suo lato goliardico.
Un lato che è andato sempre più scemando negli anni e che ha fatto affievolire anche il caloroso sostegno cittadino. Se c’è una cosa che Venezia non ammette sono gli imbrattamenti. Il suo bersaglio prediletto è il tribunale, ma non solo: l’altra notte, per esempio, nell’ennesimo raid, se l’è presa anche con il punto di primo soccorso. A questo si aggiunga che i comportamenti molesti si sono fatti sempre più indisponenti, con battibecchi generati in liti (anche violente) che poco possono piacere a chi deve occuparsi della pubblica sicurezza della città.
La procura, proprio di recente, ha provato una nuova via: cambiare incriminazione. L’assist alla magistratura l’ha fornito proprio lo stesso Pasquale che, nella foga della sua personalissima battaglia con il sistema a colpi di “street art”, ha tinteggiato anche gli obiettivi delle telecamere di videosorveglianza del tribunale, di fatto oscurandole. Questo, secondo la procura, cambierebbe le carte in tavola: perché se per il reato di semplice danneggiamento non esisterebbero i presupposti per una misura cautelare, diverso sarebbe il discorso per quello di danneggiamento di sistema informatico. Basterà? Quel che è certo è che finora nel braccio di ferro tra le istituzioni e un senzatetto molesto l’ultima parola è sempre stata quella di Pasquale.