Muro della Cina sugli Uiguri: «Alla Biennale di Venezia solo speculazioni»

Diventa un caso internazionale il padiglione del gruppo olandese sulle persecuzioni in Xinjiang. L’ambasciatore ha rinunciato alla visita. Inaugurazione in tono minore e senza gala serale

Martedì 23 Maggio 2023 di Roberta Brunetti
Muro della Cina sugli Uiguri: «Alla Biennale di Venezia solo speculazioni»

VENEZIA - Negli spazi dell’Arsenale, alla cerimonia di apertura della mostra del padiglione cinese, l’ordine di scuderia è di parlare «soltanto di arte». «Il sole è tornato a splendere» dice la rappresentante degli organizzatori cinesi, nel presentare il curatore della mostra, il professor Ruan Xing.

Ma a pesare sono le assenze dell’ambasciatore e della delegazione ministeriale, a suo tempo annunciate. Anche dagli uffici dell’Ambasciata cinese di Roma minimizzano, confermando che l’ambasciatore Jia Guide non è venuto a Venezia, ma solo per un problema di «agenda troppo fitta». Quasi un muraglia cinese, quella alzata ieri dalla Cina sul repentino cambio di programma che ha drasticamente tagliato i festeggiamenti veneziani per l’apertura della mostra “Renewal, a symbiotic narrative”, che rappresenta la Cina alla 18. mostra internazionale di architettura della Biennale appena inaugurata. Tutta colpa - a sentire i rumors della vigilia - di una delle opere scelte dalla curatrice della Biennale Lesley Lokko per la selezione ufficiale della mostra: “Killing Architects - Investigating Xinjiang’s Network of detention camp”, che di fatto è un’inchiesta sui campi di detenzione realizzati dal governo cinese nella regione degli uiguri, la popolazione di origine musulmana in lotta per la propria identità. A firmarla l’architetta britannica, ma residente in Olanda, Alison Killing, insieme ad una giornalista e ad uno sviluppatore, che per questo lavoro hanno già vinto il prestigioso premio Pulitzer per il giornalismo. Nelle Corderie dell’Arsenale espongono una mezz’ora di video dove spiegano come incrociando più dati – dalle immagini satellitari, alle interviste di ex prigionieri - avrebbero trovato conferma della presenza di una fitta rete di veri e proprio campi di prigionia, circondati da muraglie, filo spinato, con dormitori e fabbriche per il lavoro forzato. Immagini che in questi primi giorni di apertura della mostra devono essere state notate dai rappresentanti della Cina, il cui Governo ha sempre negato la presenza di campi di concentramento, sostenendo che si tratta piuttosto di luoghi di educazione per contrastare le derive estremiste e il pericolo terrorismo, e bollato come falsi reportage di questo tipo.


MURAGLIA DI SILENZIO
Insomma un tema caldo, da tempo all’attenzione della comunità internazionale sul fronte dei diritti umani, che le immagini esposte alla Biennale riportano al centro. Ed ecco probabilmente la scelta di cancellare precipitosamente gli eventi veneziani di ieri. Oltre alla cerimonia di apertura della mostra con l’ambasciatore, in programma c’era anche una cena di gala a Ca’ Sagredo, hotel di lusso sul Canal Grande. Cancellate entrambe con una mail inviata domenica sera alla quarantina di invitati in cui si adducono «circostanze impreviste». Ma ieri ufficialmente nessuno ha voluto confermare il collegamento tra il cambio di programma e la denuncia dei campi di prigionia. «L’ambasciatore ha altri impegni istituzionali fuori Venezia. L’agenda è troppo piena» hanno risposto al telefono dall’Ambasciata cinese di Roma. Alla richiesta se c’entrasse l’opera sullo Xinjiang, nessuna risposta diretta, solo una precisazione. «Abbiamo già parlato con il presidente della Fondazione Biennale di questa modifica di programma». E di fronte a questa versione, anche la Biennale è rimasta in silenzio. Nessun commento dal presidente Roberto Cicutto, né dalla curatrice Lokko. Poi, in serata, la stessa Ambasciata cinese ha diffuso una nota in cui si sostiene che c’è stata una speculazione giornalistica, che non esiste alcun genocidio nello Xinjiang, che i «reportage pertinenti si discostano seriamente dai fatti e le cosiddette “prove” si basano su una grande quantità di informazioni false».


CERIMONIA MINORE
Intanto al padiglione cinese si è tenuta comunque una cerimonia di apertura. In assenza di ambasciatore e delegazione ministeriale, dopo aver inviato le mail di cancellazione agli invitati italiani, è stata un evento in tono minore. Palpabile il fastidio per la notizia della cancellazione anticipata dal Gazzettino. Anche qui nessuno ha voluto commentare. «Qui si parla solo di arte» hanno precisato gli organizzatori, attraverso una interprete. Poi è stata la volta dei discorsi ufficiali. Il curatore ha spiegato il senso di una mostra tutta dedicata al rinnovamento che nel contesto culturale cinese è uno «stato mentale», dove i cambiamenti avvengono nella continuità. Così raccontano foto e plastici dedicati alle grandi trasformazioni vissute dalla Cina negli ultimi 40 anni. Applausi e brindisi, nel giardino accanto alle Gagiandre. Dall’altra parte dell’Arsenale, in uno spazio delle Corderie, continuano a scorrere le immagini del video sui campi di detenzione. «Abbiamo calcolato che possono contenere oltre un milione di persone - spiega Killing -. Uno su 25 dell’intera popolazione dello Xinjiang». Solo «bugie» per l’Ambasciata cinese.
 

Ultimo aggiornamento: 07:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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