CHIOGGIA - Una persona di grande umanità ma che, dopo la morte del figlio, si era chiusa in se stessa e poco diceva dei suoi stati d'animo. Sono questi i tratti salienti della figura di Luigi Boscolo, come emergono dal racconto di chi l'ha conosciuto, amici e vicini di casa. Ma le ragioni che avrebbero spinto l'83enne di Brondolo a compiere un gesto estremo nessuno sembra poterle spiegare. L'unica cosa che trapela dalle indagini è che, da qualche tempo, la comprensibile tristezza di Luigi era mutata in una forma di depressione: era inquieto, dormiva poco e girava per casa, o fuori, di notte.
MAESTRO DI ARTI MARZIALI
«Aveva una palestra dove insegnava arti marziali» è la cosa che, di lui, ricordano tutti. In realtà, dice l'amico e allievo Mauro Bondesan, «quella di Luigi era stata la prima palestra di arti marziali a Sottomarina, sulla riva del Lusenzo, ancora negli anni 70. Lui aveva iniziato con il judo e il pugilato, poi aveva continuato con il ju-jitsu e, in seguito, con l'ingresso del maestro Rossato di Padova e poi di Walter Meneghini, insegnava anche il karate. Io sono arrivato fino all'ottavo dan ed eravamo davvero un bel gruppo. C'era anche suo figlio Claudio, che ha ottenuto degli ottimi risultati, anche in Nazionale».
LA MORTE DEL FIGLIO
Alcuni anni fa, Claudio, colpito da un male incurabile, è morto e il padre «da quel giorno ha cambiato completamente carattere, è diventato più introverso». Ma non era stato questo il primo e unico lutto nella vita di Luigi: molti anni fa aveva perso la prima moglie, madre dei suoi due figli, e solo in seguito aveva trovato un'altra compagna con la quale viveva in via Falier. Il secondo figlio, Reddy, invece, abita fuori Chioggia. Oltre alle arti marziali, Luigi Boscolo praticava una piccola attività di mediatore di prodotti orticoli e della pesca e anche adesso, in pensione da molti anni, aveva conservato l'abitudine di andare a pescare.
L'HOBBY DELLA PESCA
Spesso partiva al mattino presto, con la moto, raggiungeva la sua barca e, con quella, si dirigeva in laguna per pescare a canna fino al pomeriggio inoltrato, per poi tornare a casa: un hobby che si potrebbe definire una classica abitudine da pensionato. Un altro luogo di sua abituale frequentazione, dove si recava sempre da solo, era il bar-tabacchi all'inizio di via Papa Giovanni XXIII, l'unico nel quartiere, dove l'avevano visto, l'ultima volta, la sera di sabato, senza che il suo comportamento facesse presagire alcunché. «Veniva quasi tutti i giorni raccontano i gestori prendeva un caffè e andava via». Attenzione però: caffè d'orzo e, qualche volta, una bottiglietta di acqua minerale non gassata. Abitudini salutiste, per così dire, perché «era stato un atleta e aveva cura del suo corpo». Non attaccava mai conversazione con altri clienti o con i baristi, ma limitava la sua permanenza a pochi convenevoli e a quella rapida consumazione. E, oltre a non bere alcolici, non fumava e neppure acquistava gratta e vinci. La vita condotta in passato e le attenzioni del presente, fanno pensare che non avesse problemi di natura fisica. Forse il suo dolore per la morte del figlio, gli è pesato a lungo e, alla fine, lo ha distrutto nell'animo.