CHIOGGIA - «Ho 52 anni e faccio il pescatore da quando ne avevo 17. Oggi, se trovassi un altro lavoro, cambierei subito e, a mio figlio, la barca gliel’ho fatta vedere solo da lontano». C’è tutta la parabola di una generazione, di un mestiere, di una classe sociale, nelle parole di Daniele Sassetto, pescatore “pentito” di Chioggia.
«Oggi – dice Daniele – a mancare sono i giovani: questo è un mestiere duro, in cui si guadagna poco. Ci sono equipaggi che non raggiungono il minimo monetario garantito. Ma una volta non era così. Quando ero giovane io, i pescatori ridevano di quelli che andavano a lavorare all’Actv. Il “posto fisso” rendeva, in un mese, quello che, in mare, di prendeva in una settimana. Oggi, probabilmente, è il contrario. Chi, come me, ha diverse specializzazioni, se la cava meglio. Io ho tutte le abilitazioni (comandante, capo macchina, ecc.), so perfino aggiustare le reti, perché ho imparato, da ragazzo, dai “vecchi” del mestiere. Oggi non lo fa più nessuno. Potrei lavorare su qualunque barca a Chioggia e con i miei armatori mi trovo bene, ma molti altri fanno fatica a tirare il mese. Se ci fosse un’altra rottamazione, ci sarebbe la corsa a prendere l’indennizzo e molti tengono duro solo nell’attesa».