L'aggressore del medico di colore: «Non sono razzista, solo un momento di rabbia»

Giovedì 10 Giugno 2021 di Diego Degan
Nelson Yontu Moffo, medico Inps
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CHIOGGIA - «Non sono razzista». Lo ripete almeno tre volte Diego De Antoni, il chioggiotto che ha aggredito e insultato, il pomeriggio del 2 giugno, il medico Inps, Nelson Yontu Maffo, che si era recato a casa sua, in via della Fossetta, per una visita fiscale.

Il biasimo sociale che gli è piovuto addosso è stato enorme e lui dà segno di non poterne più. Sul vialetto di casa sua, la prima risposta alla richiesta di raccontare cosa ha provato da quel mercoledì pomeriggio è «non ho niente da dire. Di me hanno già detto di tutto e, se continua così, mi troveranno impiccato a un albero».


LA DIFESA
Si sente messo in croce: «sono venuti anche quelli della Rai spiega e poi me lhanno messo in c.», cioè le sue ragioni non sarebbero state valorizzate o riportate come sperava. E, come lui, sembra pensarla tutta la famiglia. Poco prima era stata la moglie a negare qualsiasi dichiarazione. Dall'esterno dell'abitazione la si sentiva parlare, probabilmente al telefono, al piano superiore, ma, chiamando varie volte ad alta voce, dato che il campanello non funziona e, con le porte aperte, era impossibile bussare, aveva risposto, abbaiando, solo un cane. Finita la telefonata si era affacciata al poggiolo. «Mio marito è al lavoro aveva detto e io ho il bambino che piange. Non abbiamo niente da dire». Il marito è arrivato di lì a dieci minuti e, dopo l'iniziale diffidenza, ha respinto quella che gli pareva l'accusa più infamante.


LA VICENDA
«Ho molti amici negri», ha aggiunto. Ma dare del negro di m. non è da razzisti? Se il medico fosse stato bianco? «No, gli avrei detto pezzo di m.». La moglie, dal poggiolo, lo chiama: «Diego, basta, non parlare». Ma lui non l'ascolta. «Comunque spiega è stato solo un momento di rabbia», perché, secondo De Antoni, Yontu voleva incastrarlo. «E' arrivato alle cinque meno un quarto e io alle cinque ero casa, ma lui voleva scrivere che non c'ero», con tutte le conseguenze che questo poteva avere su una vita già difficile per altri aspetti. «Da otto mesi ho un'ernia inguinale grossa così dice De Antoni e non mi vogliono operare, dicono che c'è il Covid, che non ci sono chirurghi e io non so cosa fare. E poi ho un bambino di tre anni, disabile grave». In questa situazione è nato quel momento di rabbia: dal tablet fracassato, alle minacce, all'inseguimento in motorino dell'auto del medico. Quando è passato il momento è subentrata la coscienza di aver sbagliato? «Quando la notizia è uscita dappertutto. Sono rientrato al lavoro il giorno 4, e nessuno parlava con me». Ma adesso, passato qualche giorno,«i colleghi sono tutti dalla mia parte, solo il principale non è contento». E comunque, aggiunge «io il medico non l'ho neppure toccato». Lui dice che è stato colpito al petto con le dita. «Ho due testimoni che non è andata così». Ma il medico ha il referto del pronto soccorso. «Ma, insomma, da che parte stai? Non dico più nulla».

 

Ultimo aggiornamento: 10:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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