Cellula jihadista: «Haziraj mi ha massacrato di botte per allenarsi»

Giovedì 6 Aprile 2017 di ​Gianpaolo Bonzio e Giorgia Pradolin
Dake Haziraj (a destra)
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VENEZIA - È stato riascoltato ieri in Procura il professionista veneziano massacrato di botte nel 2014 da Dake Haziraj e da un complice. Si tratta di un'indagine autonoma che coinvolge uno dei kosovari arrestati la settimana scorsa, assieme ad altri connazionali, con l'accusa di associazione terroristica. La Procura è convinta quindi, che si tratti di stranieri molto pericolosi probabilmente addestrati al combattimento e l'episodio della grave aggressione lo confermerebbe delineando un quadro preoccupante. E per questo motivo il pubblico ministero Alessia Tavarnesi, titolare dell'inchiesta su questa seconda vicenda, a breve, presenterà la richiesta di rinvio a giudizio per Haziraj con l'accusa di lesioni. Il 53enne veneziano, cintura nera di judo e impegnato da molti anni in missioni umanitarie (anche a sostegno dei cittadini del Kosovo) ha definito gli stranieri che l'hanno aggredito, anche sulla base delle proprie esperienze nelle arti marziali, due professionisti del combattimento. «Io - ha spiegato l'uomo - sono stato uno dei loro allenamenti».

La sera del 20 luglio del 2014 il professionista era solo di passaggio davanti a quel negozio di pasta da asporto di Castello quando è stato aggredito da due dipendenti del locale senza alcun motivo, se non quello, forse, di allenarsi al combattimento. «Erano addestrati già due anni e mezzo fa - spiega il 53enne riferendosi all'inchiesta della Procura - si stavano allenando. Mi hanno massacrato e rovinato la vita». Il professionista ha ricordato ancora che quella sera di luglio, uscito dalla messa del Redentore assieme alla figlia di 20 anni, è stato aggredito da due dipendenti del locale che indossavano la maglietta nera. «Mi hanno sfondato le ossa della faccia e del cranio. Decine di colpi sulla nuca sotto gli occhi di mia figlia che urlava «Non uccidete mio papà!».

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