San Donà, i casalesi nella truffa del biogas, 7 indagati: «Confiscati beni per 444 mila euro»

Sabato 2 Luglio 2022 di Fabrizio Cibin - Nicola Munaro
Operazioni anti mafia a casa di Donadio (2019)

SAN DONÀ DI PIAVE - Parte tutto con un'intercettazione nelle pieghe di un'altra indagine. Ascoltando Luciano Donadio - presunto boss dei casalesi nel Veneto orientale - che chiacchierava al telefono con Paolo Antonio Valeri, di Eraclea, (anche lui coinvolto nel blitz che a febbraio 2019 aveva decapitato la cupola dei Casalesi a Eraclea) i finanzieri di San Donà di Piave avevano sentito il boss dire che per superare le difficoltà sulla realizzazione dell'impianto biogas di Stretti di Eraclea si sarebbe dovuto fare «il gran truffone» com'era stato fatto per l'impianto a biogas di San Daniele del Friuli, in provincia di Udine. Da quell'addentellato sono ripartite le fiamme gialle sandonatesi che per quel «truffone» nei giorni scorsi hanno messo sotto sequestro 444 mila euro (tra beni mobili, immobili e denaro) nei confronti di sette persone ora indagate - a vario titolo - per trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Sotto inchiesta sono finiti lo stesso Luciano Donadio, Paolo Antonio Valeri (Eraclea), José Geraldo Colombo (San Daniele), Ida Anna De Monte (San Daniele), Renzo Cinausero (San Daniele), Armando Berasi (Trento) e Antonio Puoti, di Eraclea, nipote di Donadio e travolto anche lui dal blitz della finanza nel 2019.

Il sistema

Secondo il suggerimento di Donadio, a cui non sono stati effettuati sequestri come anche a Puoti e Berasi, era necessario puntare al finanziamento da parte dell'Unione Europea del 40% del costo totale dell'impianto attraverso l'emissione di false fatture che andassero a gonfiare il costo finale di realizzazione. Così grazie a una società cartiera, avviata solo per produrre carte contabili su operazioni inesistenti, erano riusciti a portarsi a casa soldi dell'Ue, attraverso la regione Friuli Venezia Giulia.
Il costo dell'impianto era di 200mila euro ma attraverso le fatture false Donadio e soci erano riusciti ad alzare il totale a mezzo milione di euro e su quei 500mila euro farsi finanziare il 40%. Soldi - quelli erogati dall'Europa - che le fiamme gialle di San Donà hanno recuperato. Mentre i 444mila euro sequestrati sono i soldi per fare le false fatture. Da lì l'indagine per riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio per oltre 320mila euro.

Il caso Stretti

Nell'indagine sui casalesi a Eraclea l'impianto a biogas di Stretti di Eraclea era finito al centro del voto di scambio tra il sindaco di Eraclea Mirco Mestre e il boss mafioso Luciano Donadio.

Compito del capo del sodalizio mafioso era quello di portare i voti necessari per l'elezione di Mestre che, una volta indossata la fascia tricolore, avrebbe - si legge nell'ordinanza - «rilasciato una procedura semplificata» per la realizzazione di un impianto a biogas permettendo così a Donadio&Co. di eludere ogni tipo di controllo, frodare il fisco e spolpare gli istituti di credito che avrebbero finanziato il progetto da 1,3 milioni di euro.

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