Casalesi, condanne confermate: «Eraclea era in mano alla mafia, il Comune aiutò il clan». I legali: «Sentenza politica»

Giovedì 27 Gennaio 2022 di Maurizio Dianese
Graziano Poles, Luciano Donadio e Graziano Teso (di spalle)

VENEZIA - Eraclea era in mano alla mafia. Dai primi anni 2000 fino al febbraio 2019. E, nella succursale veneta di Casal di Principe, i camorristi guidati da Luciano Donadio e Raffaele Buonanno decidevano anche chi faceva il sindaco e amministrava la città. Infatti l'ex primo cittadino, Graziano Teso, plenipotenziario dei partiti di destra dal 2004 in poi, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. E se anche l'ex sindaco porta a casa uno sconto di pena, dai 3 anni e 3 mesi del primo grado ai 3 anni e 40 giorni dell'Appello, ormai è certificato che con la sua amministrazione ha aiutato l'espansione nel Veneto Orientale del clan dei casalesi.

Ieri sera il presidente della seconda sezione penale della Corte d'appello di Venezia, Carlo Citterio, ha letto una sentenza che mette fine dunque una volta per tutte alle discussioni e ai distinguo, visto che viene confermata in pieno l'indagine della Procura di Venezia che nel febbraio del 2019 aveva portato all'arresto di una cinquantina di persone e all'incriminazione di altrettante. E questa sentenza mette una seria ipoteca, favorevole alla pubblica accusa, anche sul processo con rito ordinario in corso in aula bunker e che si concluderà alla fine dell'anno. Non solo, la sentenza di Appello certifica che il Comune di Eraclea doveva essere sciolto per mafia, come aveva sostenuto nella sua dettagliata e inascoltata relazione il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto.


NOMI

Ma vediamo nel dettaglio questa sentenza della Corte d'Appello che riguarda una ventina di imputati tra di loro anche un collaboratore di Giustizia come Cristian Sgnaolin che hanno deciso un anno fa di scegliere il rito abbreviato, mentre gli altri, e tra loro i capi della cosca, decidevano di scegliere il rito ordinario, molto più lungo. Oltre all'ex sindaco Graziano Teso che è stato anche vicesindaco nell'ultima Giunta, quella guidata da Mirco Mestre, pure lui sotto processo sono stati condannati anche tutti gli altri imputati, con conferme sostanziali della sentenza di primo grado e piccoli ritocchi di pena. Cristian Sgnaolin, ad esempio, braccio destro e sinistro di Luciano Donadio in tutti gli affari, soprattutto quelli illeciti, si è visto ridurre la pena da 5 anni e 10 mesi a 5 anni e 8 mesi. Pochi giorni di differenza, ma Sgnaolin del resto aveva già usufruito di tutti gli sconti di pena possibili ed immaginabili non solo per la scelta del rito abbreviato, ma anche perché è uno dei principali pentiti di questa inchiesta. È stato lui infatti a raccontare per filo e per segno come funzionava la gang di Luciano Donadio. Per tutti gli imputati di questo processo, comunque, a parte l'avvocato Annamaria Marin, viene confermata l'associazione a delinquere di stampo mafioso. L'avvocato Marin si è vista togliere l'aggravante ed è stato dichiarato prescritto il reato di favoreggiamento. Nessun ritocco di pena invece per il poliziotto del Commissariato di Jesolo, Moreno Pasqual, al quale sono stati confermati i cinque anni del primo grado. L'unica assolta in questo secondo grado di giudizio è Daria Poles, che era stata condannata a 2 anni. Figlia di Graziano Poles, l'imprenditore che ha aperto le porte alla cosca di Luciano Donadio, mettendolo in contatto i casalesi proprio con il sindaco Graziano Teso, che i camorristi consideravano uomo loro. Daria Poles era accusata di essere stata partecipe della girandola di fallimenti pilotati delle ditte del padre Graziano Poles. Una riconsiderazione delle sue responsabilità era già stata chiesta dalla pubblica accusa che per il resto porta a casa una vittoria completa su tutto il fronte.


VALUTAZIONI

Molto soddisfatto ovviamente il pm dell'inchiesta di Eraclea, Roberto Terzo, che ha visto confermate in tutto e per tutto le tesi accusatorie. Meno soddisfatti ovviamente i legali degli imputati che non sono riusciti a scardinare in Appello le imputazioni e si vedono confermate le pesanti condanne del primo grado. Ecco perché a mezza bocca qualcuno di loro parla di sentenza politica perché non è stato messo in discussione nemmeno mezza virgola della tesi della pubblica accusa. Ma anche l'avvocato Daniele Grasso, che difendeva Graziano Teso e si era battuto per dimostrare che l'ex sindaco non sapeva che aveva a che fare con i camorristi, deve arrendersi all'evidenza di una sentenza che peserà molto nel processo con rito ordinario che si sta celebrando in aula bunker e che vede alla sbarra il clan di Luciano Donadio e Raffaele Buonanno, a capo di una associazione a delinquere di stampo mafioso. Come certificato da questa sentenza di Corte d'Appello. A questo punto per spostare di qualche virgola le condanne a molti imputati non resta che la Cassazione.
 

Ultimo aggiornamento: 10:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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