​Case di riposo nei guai: «I conti non tornano» e 178 dipendenti sono in cassa integrazione

Venerdì 5 Marzo 2021 di Alvise Sperandio
Case di riposo nei guai: «I conti non tornano» e 178 dipendenti sono in cassa integrazione

VENEZIA Tempi duri per le case di riposo private. Il Covid ha portato contagi e morti tra gli anziani ricoverati, ha mandato in malattia diversi lavoratori, ha determinato la chiusura delle strutture, impedendo le visite dei parenti.

L'altro lato della medaglia sono le difficoltà per la sostenibilità economica, come spiega Luigi Polesel, presidente dell'Ire e uno dei migliori tecnici del settore: «Da un lato le misure di sicurezza che comportano limitazioni anche per i nuovi inserimenti, tra cui i nove giorni di isolamento, dall'altra un'oggettiva riduzione delle domande, a fronte dei decessi, fanno sì che restino posti letto liberi. Nascono problemi d'introiti, circa 110 euro tra quota sanitaria e quota alberghiera che vengono in meno a ospite al giorno, e problemi per il personale. Se nel pubblico vige il blocco dei licenziamenti, così non è nel privato. E il turnover è spesso sostenuto».


DOCCIA FREDDA

Grosse difficoltà ci sono agli Anni Azzurri di Favaro e Quarto d'Altino dov'è scattata la cassa integrazione per 178 dipendenti. L'unico sindacato ad essersi opposto è la Cgil, che denuncia: «La richiesta di sussidi statali non è giustificata. È un danno per i lavoratori che in questi mesi sono stati in prima linea nella lotta al virus». La proprietà, il Gruppo Kos Care, preferisce non commentare e non fornire dati o informazioni sullo stato di salute delle due strutture. «Siamo sorpresi dalla decisione di ricorrere al fondo di solidarietà per tutti i dipendenti spiega Chiara Cavatorti della Cgil . Anche negli incontri sindacali di venerdì 15 gennaio e giovedì 4 marzo, le spiegazioni date dall'azienda non ci hanno convinto, come ci ha stupito anche la posizione delle altre sigle sindacali che non hanno espresso una netta contrarietà all'utilizzo di questo strumento». I conti, con la pandemia, faticano a tornare, per una crisi del settore ormai acclarata. «Tutte le strutture hanno sofferto per i posti letto vuoti prosegue la sindacalista , ma non si può dire che il personale sia in esubero, a causa dei contagi avvenuti tra gli operatori di Favaro che ancora non sono rientrati, delle dimissioni di alcuni e dell'enorme saldo ferie che gli stessi hanno accumulato stando in prima linea ad affrontare l'emergenza». 


CGIL ALL'ATTACCO

Dalla Cgil arriva l'accusa alla proprietà di non aver mai aperto un confronto per premiare il lavoro dei lavoratori, «ma anzi mortifica il personale provando a richiedere e utilizzare uno strumento che andrà a ridurre i loro stipendi, visto che l'assegno non verrà nemmeno integrato dall'azienda». Una situazione delicata che riflette tutte le difficoltà del momento all'interno delle case di riposo, fronte caldo per il Covid. «Piuttosto di fare richiesta di sussidi allo Stato, pagati da tutta la collettività, forse sarebbe meglio rivedere l'organizzazione dell'ospitalità nelle residenze e del lavoro aggiunge Cavatorti . Le Rsa stanno sicuramente pagando gli effetti dell'emergenza sanitaria che ha portato con sé problematiche economiche, crediamo però che non debbano essere i lavoratori, fino all'altro ieri definiti eroi, a pagarne le conseguenze. In questa fase dobbiamo cogliere l'opportunità di un miglioramento della qualità del servizio, persa durante la fase Covid, attraverso una riorganizzazione del lavoro che rafforzi l'assistenza agli anziani e alle persone fragili».


APPELLO ALLA REGIONE

La Cgil chiama quindi in causa la Regione: «Va rivista la normativa sugli accreditamenti e sui parametri di assistenza, ormai superata e non più adeguata ai nuovi bisogni degli ospiti: la Regione deve cominciare a dare risposte concrete, normative ma soprattutto economiche, mettendo a disposizione risorse importanti a sostegno del sistema di assistenza integrata, sia residenziale che domiciliare. Crediamo concludono dal sindacato che sia la Regione a dover intervenire per sostenere le strutture, la qualità del servizio erogato e i lavoratori, senza far ricadere i problemi su questi ultimi». 
 

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