La casa delle girandole, l'universo sul balcone di Donato Zangrossi

Lunedì 13 Febbraio 2017 di Alberto Toso Fei
illustrazione di Matteo Bergamelli
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VENEZIA - Per i bambini era una specie di enorme prodigio colorato e in continuo movimento; per gli studenti – che prima dell'appello passavano a verificare che tutto girasse per il verso giusto – una scommessa sul buon esito dell'esame. Per i veneziani, e per i turisti più accorti, quella oltre il rio era semplicemente “la Casa delle Girandole”: comunque fosse, non si poteva transitare per Castelforte San Rocco, dietro la Scuola Grande, e non notare i due piani di costruzioni ardite, di forme fiabesche, di colori prodigiosi delle “macchine a vento” fissate sul muro esterno dell'abitazione di Donato Zangrossi, astronomo-operaio che passava ore intere ad ammirare il cielo stellato per poi costruire le sue creazioni in legno di risulta sfruttando le conoscenze di fisica, astronomia e filosofia che aveva acquisito nel tempo libero e che aveva sintetizzato in una serie di scritti in cui la disciplina scientifica si trasformava in poesia.

Ogni girandola era diversa dalle altre, e veniva realizzata con l'uso di ingranaggi, bilancieri e sfere di metallo che permettevano alle sue creazioni di catturare anche il refolo più sottile; tutte assieme raffiguravano le stelle, le galassie, l'universo; e nel loro vorticare ipnotico – a volte veloce, a volte più lento – i fiori, le lune, i soli e gli astri colorati trasmettevano secondo il loro artefice le stesse leggi morali che Zangrossi leggeva nel cielo e nel suo eterno pulsare: amore per gli altri, allontanamento del male e dal male.

“Mi commuovo sempre e sempre più me ne accorgo – scriveva nei suoi diari (parte del suo pensiero è stato raccolto in una tesi di laurea trasformatasi in un libro da una ricercatrice, Giada Carraro) – che questa nostra terra coi suoi quarantamila chilometri di circonferenza e con tutto il suo formicolio animale compreso l'uomo, non è che un puntino oscuro insignificante, come un atomo di polvere in uno dei tanti nuvoloni sollevati dal vento”.

“Mastro Geppetto”, così si firmava, aveva cominciato a far diventare arte il suo pensiero filosofico sul finire degli anni Sessanta, quando lasciata Marghera lavorò come custode del padiglione del Venezuela alla Biennale di Arti visive e dove fu influenzato dalle opere d’arte cinetica esposte in quegli anni.

Per collocare le girandole sulla facciata di casa, Zangrossi si imbragava e si arrampicava lungo la parete approfittando dei momenti di alta marea, nell’eventualità di una caduta. Tutti erano incantati da quell'universo in movimento; spesso i turisti lasciavano bigliettini di ammirazione per quello che viene descritto come un uomo sincero, gentile, privo di invidia, che aveva trovato un modo per rompere la consueta patina di diffidenza che grava fra le persone rendendo visibile il suo pensiero.

Dopo la morte di Zangrossi la maggior parte delle girandole andò perduta e in generale oggi, di quel cosmo gentile sospeso sopra un canale veneziano, rimane il ricordo e qualche fotografia un po' ingiallita. Ancora oggi però, chiunque abbia visto anche solo una volta la “Casa delle Girandole”, passando per Castelforte San Rocco non può fare a meno di alzare lo sguardo riportare il pensiero a quella singolare fabbrica di armonia. Le girandole di Donato Zangrossi vorticano ancora nella memoria di intere generazioni.
Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 11:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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