Sua maestà il carciofo, dalle isole veneziane alla Sardegna: la ricetta di Luigi e Patricia

Domenica 18 Aprile 2021 di Redazione Web
Luigi e Patricia

VENEZIA - Il carciofo è una pianta antica, probabilmente derivata dalla selezione orticola del cardo selvatico e che quindi non esiste allo stato spontaneo. Noto già agli Egiziani, era consumato non solo come ortaggio, ma, in particolare nel Medioevo, per le sue proprietà medicinali, benefiche per il fegato. La pianta ha un ciclo biennale: il primo anno si sviluppa soltanto una rosetta di foglie molto allungate; nel secondo, dal centro della rosetta si sviluppa il fusto da cui si dipartono i capolini, la parte edibile, che, a maturazione, danno dei grandi fiori di un bellissimo colore azzurro violaceo. A Venezia i carciofi vengono coltivati nei terreni argillosi delle isole e della gronda della Laguna: alle Vignole, a Malamocco, a Mazzorbo, al Cavallino, ma, soprattutto a Sant'Erasmo, la grande isola che ha una superficie pari quasi alla metà del Centro Storico - che sin dal Cinquecento è l'orto della Città. Sui terreni argillosi, ben drenati e con una salinità elevata, crescono verdure saporite, in particolare i carciofi, appunto, tanto che la varietà ha preso il nome di Carciofo violetto di S. Erasmo.
Un tempo le piante venivano concimate con le scoasse (oggi diremmo compost) oppure con conchiglie e gusci dei granchi, per arricchire il terreno. Piccole montagnole di terra le motte venivano predisposte dal lato del mare a protezione delle piantine dal gelido vento di bora.
È una pianta generosa, il carciofo. Infatti, i capolini prodotti in una stessa annata hanno epoche di raccolta, dimensioni e caratteristiche diverse e sono indicati con altrettanti termini specifici. Si comincia a metà aprile con il capolino principale, castraura, seguono botoi, sotobotoi e massete, 15/20 in tutto. I carciofi residui, più grossi e meno teneri, a fine stagione diventeranno fondi.
Gli articiochi, così si chiamano i carciofi in dialetto, pare siano stati introdotti nella cucina veneziana dalla comunità ebraica. L'origine della parola segue strade tortuose, muovendo dall'arabo al-kharf, forse attraverso lo spagnolo alcachof, da cui carciofo, mentre il percorso attraverso i paesi nordici - in francese artichaut, in inglese artichoke, in tedesco artischocke ci porta, appunto, al veneto articioco. Dotte etimologie a parte, le castraure, in particolare, sono una vera delizia, molto ricercata e disponibile solo per pochi giorni - 10, 15, non di più normalmente tra fine Aprile e inizio Maggio.
Danno il loro meglio consumate crude, a fettine sottili, sale, pepe, un filo di buon olio EVO e con l'aggiunta di qualche scaglia di formaggio grana. Sono, però, squisite anche indorate con farina e uovo e fritte o in tecia,ben rosolate e cotte lentamente in un soffritto di aglio e olio, sempre facendo attenzione a non scartare mai i gambi (i maneghi), buonissimi.
I carciofi, tuttavia, sono un patrimonio gastronomico comune a molte regioni d'Italia come la Toscana (Livorno), la Puglia e, soprattutto la Sardegna dove il carciofo spinoso sardo (il cartzoffa in dialetto) ha trovato il suo habitat ideale, sin dall'epoca dei Fenici, nelle aree costiere, nei fondo valle e nelle pianure centrali dell'isola, ai lati dei più importanti corsi d'acqua.
Ben diverso, nell'isola, il periodo della raccolta che parte con i precocissimi a fine Ottobre, prosegue a Novembre-Dicembre con i precoci e si conclude a Marzo-Aprile con i tardivi.
Ecco perché a suggerirci un modo particolare, peraltro semplicissimo e gustosissimo, di consumare le castraure sono Luigi e Patricia della trattoria Anzolo Raffaele, nell'omonimo campo a Dorsoduro (dietro la chiesa), dove propone numerosi piatti tipici della cucina sarda. Una semplice ricetta che coniuga bene la tradizione e i prodotti tipici veneziani con quelli della Sardegna, dove Luigi ha un'azienda agricola (in cui s'è trasfertio durante il lockdown) da cui provengono direttamente molti degli ingredienti adoperati nella sua cucina. La ricetta può essere realizzata sia con le castraure del Violetto di S. Erasmo che con i

Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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