MESTRE - È finita sotto accusa per accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto. Una donna carabiniere, un tempo in servizio nel Veneziano, è stata chiamata a comparire ieri mattina al Palazzo di Giustizia, di fronte al giudice per l'udienza preliminare di Venezia, Andrea Battistuzzi, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla sostituto procuratore Elisabetta Spigarelli. Il suo difensore, l'avvocato Piero Guidotto, ha preferito evitare il processo pubblico e ha concordato con il rappresentante della pubblica accusa il patteggiamento di un anno e sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale; pena che il giudice ha ritenuto congrua, e che dunque ha applicato all'imputata.
RELAZIONE SENTIMENTALE
La vicenda giudiziaria ha preso il via a seguito di una burrascosa relazione sentimentale tra la donna carabiniere ed un militare. Nel periodo in cui i rapporti tra i due erano ancora buoni, la donna entrò nel sistema informatico dell'Arma e accertò che a carico dell'uomo vi era una pendenza relativa al porto di un'arma non dichiarata, e si affrettò ad informarlo della circostanza. Dopo una fase altalenante, in cui la coppia si sciolse e ricompose più volte, la relazione si ruppe definitivamente e la donna sporse denuncia, raccontando che l'ex compagno continuava a tormentarla, con pedinamenti, appostamenti, continue telefonate e messaggi, non rassegnandosi evidentemente alla fine del rapporto.
LA LITE
L'inchiesta per stalking provoca la relazione dell'uomo, il quale a sua volta segnala che la donna carabiniere aveva effettuato un accesso abusivo nel sistema informatico dell'Arma, informandolo dell'esistenza di un'inchiesta penale a suo carico. La lite tra due ex fidanzati successivamente si ricompone, ma le denunce presentate non possono essere ritirate in quanto i reati denunciati sono perseguibili d'ufficio. E dunque le inchieste proseguono. Quella a carico della donna carabiniere si conclude con una richiesta di rinvio a giudizio, di fronte alla quale l'unica possibilità per la difesa è stata quella di patteggiare, per limitare al minimo la pena e soprattutto cercare di evitare gravi conseguenze sul fronte del posto di lavoro: a seguito dell'inchiesta, penale, infatti, subirà sicuramente un procedimento disciplinare dell'Arma, con rischio di destituzione dal servizio.
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