È in Marocco, gli muore il padre: «Perso l’ultimo volo, uno strazio»

Domenica 12 Aprile 2020 di Emanuele Compagno
PADRE E FIGLIO Massimo Compagno con il padre Vittorio
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IL CASO
CAMPONOGARA Il figlio è bloccato in Marocco, il padre muore di coronavirus. Lo straziante racconto di chi non ha nemmeno potuto stare vicino al proprio genitore in punto di morte. Vittorio Compagno, non potrà neppure vedere suo nipote che tra poco verrà alla luce. L’anziano aveva 84 anni ed aveva sempre vissuto a Camponogara, in zona Arzerini, fino al 2016, quando ci fu l’ingresso alla casa di riposo “Residenza alla Salute” di Fiesso d’Artico. Era un uomo forte, non aveva particolari malattie se non una difficoltà a camminare, le gambe – ormai – faticavano a reggerlo. Il figlio, Massimo, aveva – appunto – lanciato un appello una quindicina di giorni fa tramite Il Gazzettino per il fatto di essere bloccato con la moglie, incinta di sette mesi, in Marocco dal 9 marzo. All’epoca il padre stava bene, poi ha contratto il coronavirus in casa di riposo. 
I SINTOMI, L’ESITO
I sintomi febbrili a 39.5 si sono manifestati fin dal 23 marzo, ma inizialmente non apparivano propri della malattia. Poi, è stato effettuato un tampone che, con gli esiti del 31 marzo, ha dato il drammatico risultato positivo. Infine il ricovero all’ospedale di Dolo il 4 aprile ed il tragico epilogo venerdì 10 aprile. Vittorio, fin da giovane, aveva sempre svolto il lavoro di autista di camion presso industrie siderurgiche di Marghera, fino la pensione. Si era sempre dedicato anche al lavoro dei suoi campi, che amava tanto. Massimo, residente a Campolongo Maggiore, assieme alla moglie Nejma di origini marocchine, sono lontani, in Marocco, ove la coppia si era recata per un mese di vacanza presso i genitori di lei, a Echemmaia, a circa 70 km da Marrakech, nella provincia di Safi. Vittorio lascia, oltre a Massimo e la moglie Nejma, anche il figlio Renato con la moglie Lucia, i nipoti Nicola e Federico. 
DRAMMA STRAZIANTE
«Per me è un dramma straziante – dice Massimo – sono bloccato qui, non ci sono voli per l’Italia da più di un mese, non abbiamo modo di tornare. Siamo sempre in stretto contatto con il consolato e l’ambasciata, ma per il momento non possiamo rientrare. E così non posso nemmeno tornare per l’ultimo saluto a mio padre. In questo periodo ho continuamente sentito mio padre e mio fratello. Oggi, però, la mia sciagura è pensare a lui, che ha dovuto affrontare questo dolore, fino alla morte, senza la possibilità che i suoi cari gli stessero attorno». Per Massimo resta la grande domanda se si poteva fare qualcosa per salvare il padre, se un tampone o un ricovero più tempestivi avessero potuto cambiare le sorti di questa vicenda. «Questa mia lontananza, poi, mi logora ancor più – conclude Massimo - Lui è sempre stato una persona semplice, ha lavorato tanto per la famiglia. Ha fatto molti sacrifici per noi. Avrei voluto essergli vicino proprio adesso, ma il destino non me l’ha permesso. Ha dovuto lottare da solo, senza capire cosa gli capitava intorno. E’ un dolore fortissimo per me». 
IL VOLO MANCATO
E pensare a quel volo mancato, che avrebbe potuto riportare la Massimo e la moglie in Italia, assieme a tanti italiani ancora fermi là. Proprio loro hanno costituito un gruppo con cui si tengono in contatto. «Siamo stati informati alle 23 del 20 marzo – aveva raccontato Massimo – della partenza di un volo per Malpensa il giorno dopo alle ore 12. Per noi è stato impossibile prendere quel volo, con così poco anticipo, anche perché mia moglie è incinta e ci troviamo lontani dall’aeroporto». A causa dell’emergenza sanitaria la benedizione di commiato, in forma strettamente privata, avverrà martedì 14 aprile alle ore 15.30 nel cimitero di Camponogara, dove la salma arriverà dall’ospedale di Dolo.
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Ultimo aggiornamento: 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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