La difesa del boss dei casalesi: "Lamorgese venga a testimoniare"

Sabato 13 Giugno 2020 di Nicola Munaro
L'aula bunker di Mestre
Tutti i prefetti di Venezia dal 1997 in poi: da Vincenzo Barbati all’attuale Vittorio Zappalorto. E quindi anche Luciana Lamorgese, inquilino di Ca’ Corner tra il 2010 e il 2012 e attuale ministro dell’Interno. Ma anche il presidente della Regione “pro tempore”, al momento Luca Zaia (ma di mezzo ci sono le elezioni posticipate causa Covid) con tanto di presidente del Consiglio regionale (ad ora Roberto Ciambetti) e assessore al Turismo (oggi, Federico Caner). A cui aggiungere Unioncamere e la stessa associazione antimafia Libera. Sono i nomi principali della lista testi a difesa presentata dal penalista Renato Alberini, avvocato di Luciano Donadio, l’uomo dipinto dalla procura Distrettuale antimafia di Venezia come il boss dei casalesi nel Veneto orientale e capace di condizionare la vita, anche amministrativa, di Eraclea con il suo fare mafioso. Messi assieme quelli delle difese con i testi citati dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, il conto totale supera di gran lunga le trecento persone. Le liste dei testimoni sono state presentate giovedì, durante la prima udienza del processo che vede tra gli imputati anche l’ex sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, accusato di voto di scambio politico-mafioso. Ora toccherà al giudice Stefano Manduzio, che tira le fila di un dibattimento da 45 imputati, accogliere o meno i testimoni. Intanto, però, i nomi grossi non mancano. Se la difesa del principale imputato ha sgranato un rosario di uomini dello Stato tra prefetti, poliziotti (gli ex capi della squadra Mobile di Venezia, Alessandro Giuliano, Roberto Della Rocca e Stefano Signoretti) e istituzioni, l’accusa si è concentrata su chi per anni ha fatto indagini sulla radicazione mafiosa a Eraclea. Per questo ha chiamato sul banco dei testimoni l’ex sindaco Giorgio Talon, sconfitto da Mirco Mestre proprio nelle elezioni che si citano in questo processo. E anche l’avvocato Bruno Barel. «Vogliamo capire cos’è stato questo fenomeno in tutti questi anni, sentircelo raccontare», ha spiegato l’avvocato Alberini. Per questo sono citati a testimoniare i prefetti, per chiedere «quanto conosciuto ed acquisito» dalla Prefettura «in merito alla presenza di una associazione camorristica» a Eraclea, «sui provvedimenti di natura repressiva o preventiva eventualmente adottati, nonché su quanto eventualmente emerso nell’ambito delle riunioni del Comitato della pubblica sicurezza sulla presenza di una associazione camorristica insistente sul territorio comunale di Eraclea». E poi, al Governatore, con la Regione Veneto parte civile del dibattimento per danno d’immagine e turistico, chiedere «l’eventuale incidenza sul territorio regionale, e con quali conseguenze, dell’iniziativa» del clan Donadio. Ma anche l’associazione Libera («sull’eventuale organizzazione di iniziative aventi a tema la contestata ininterrotta operatività di una associazione camorristica» a Eraclea) e Unioncamere per capire «l’eventuale raccolta di segnalazioni provenienti dagli associati circa la presenza ininterrotta di una associazione camorristica»). Tra i testi proposti dalla difesa Donadio anche lo psichiatra di Donadio, chiamato a riferire delle condizioni mentali del suo assistito, il commissario del Comune di Eraclea per capire la movimentazione di denaro dell’amministrazione e lo stesso Fabio Gaiatto, il trader che nel Portogruarese ha dilapidato i soldi dei suoi investitori. E in questo processo, vittima. Per tentare di smontare la cupola descritta dalla Dda di Venezia, l’avvocato Mauro Serpico, difensore di Antonio Pacifico, considerato uno degli organizzatori della cosca sul litorale. In suo favore è chiamato a testimoniare un imprenditore suo socio che aveva chiesto al sindaco Mestre di poter rendere pubblica una piscina. Il permesso fu negato. E allora, la domanda delle difese: che affiliato era Mestre?
Ultimo aggiornamento: 10:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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