Mestre bombardata: l'anniversario del 1944. Le sirene e la fuga nei pochi rifugi e nelle chiese: la città venne devastata Foto

Mercoledì 30 Marzo 2022 di Vittorio Pierobon
Mestre bombardata: l'anniversario del 1944. Le sirene e la fuga nei pochi rifigi e nelle chiese: la città venne devastata

In questi giorni si ricorda il bombardamento degli Alleati sulla città nel 1944 perché ritenuta strategica per la presenza del polo industriale di Marghera. Un libro rievoca quel periodo con testimonianze e immagini inedite delle distruzioni. Una ricerca che ha consentito di recuperare storie e aneddoti sconosciuti nel chiaroscuro delle violenze tra opposte fazioni.

Mestre bombardata

Il bombardamento è cominciato in tarda mattinata, preceduto dalle sirene d'allarme. La popolazione che affollava le strade di Mestre ha cercato di mettersi al sicuro, ma i rifugi antiaerei erano pochissimi. Molti sono corsi nelle chiese, ritenute bersaglio poco probabile. La speranza era che, come nelle precedenti occasioni, le bombe fossero poche con danni relativi. Ma quel 28 marzo del 1944 le cose andarono diversamente: i bombardieri alleati per due ore, dalle 11.25 alle 13.15, sganciarono tonnellate di esplosivo sulla città, devastando interi quartieri e provocando molte vittime: 164 civili, secondo un primo conteggio, ma andrebbero aggiunti i molti feriti gravi deceduti nei giorni successivi. Tutti uccisi dalle bombe della coalizione che voleva liberare l'Italia scacciando i tedeschi. Danni collaterali. Una delle tante atroci contraddizioni della guerra. Una delle tante pagine minori, che trovano poco spazio nei libri di storia, e si tramandano nella memoria, sempre più flebile, dei protagonisti e dei loro discendenti.



Umberto Zane, giornalista professionista e grande appassionato di storia e tradizioni locali, ha raccolto queste testimonianze e le ha connesse tra loro ricostruendo quegli anni.

Mestre e la Guerra. Il secondo conflitto mondiale raccontato dai suoi testimoni (22 euro, Mazzanti editore), non è solo un libro di storia, ma soprattutto un collage di storie. Quelle anonime, legate alla vita quotidiana, stravolta dagli accadimenti che il popolo - come sempre in tutte le guerre - subisce senza averne colpa, pagando un prezzo molto elevato. E quanto sta accadendo in questi giorni in Ucraina purtroppo ne è l'ennesima conferma. Furono anni durissimi anche a Mestre. Si è passati dall'esaltazione collettiva per l'annuncio della discesa in guerra, accolto, come in tutta Italia, da una folla festante in piazza Umberto I (l'attuale piazza Ferretto, cuore della città), alla presa di coscienza della follia del disegno nazi-fascista, al progressivo impoverimento della popolazione, vessata dalle richieste del governo di Mussolini (dagli oggetti d'oro alle pentole di rame da donare alla patria) e affamata per la mancanza di cibo, arrivando alle pagine epiche della Resistenza, pur con i deprecabili eccessi che portarono ad uccisioni sommarie e vendette.


«Ero sul tram. È suonato l'allarme, siamo scesi e ci siamo nascosti. Quando tutto è finito siamo risaliti, A bordo erano rimasti tre passeggeri, seduti al loro posto, coperti di sangue...»



È un lavoro di ricerca di anni, quello che Zane ha assemblato nel suo libro. Ha parlato con decine e decine di persone, ha visionato migliaia di fotografie, ha letto diari, lettere e testi vari, ha scartabellato negli archivi storici e nei registri parrocchiali e ha ricostruito la guerra vissuta dai mestrini. La colpa di Mestre era di essere strategica per il regime: da una parte lo snodo ferroviario, dall'altra le fabbriche di Porto Marghera, riconvertite alla produzione bellica. Un obiettivo da colpire. Per questo le bombe sono cominciate a cadere dopo l'8 settembre, quando i tedeschi, acquartierati in massa a Mestre, sono diventati nemici dell'Italia: su 41 raid aerei distribuiti negli anni del conflitto ben 31 si sono registrati nel 1944. È stato uno stillicidio di morti, sparsi dove il caso voleva che cadessero le bombe a causa della scarsa precisione di chi le sganciava. Vittime civili innocenti, la cui memoria viene rievocata da molte testimonianze, operai, studenti, casalinghe, vecchi, bambini. Il caso decideva. Racconta Luigi Mazzucco che nel 44 aveva 10 anni: «Ero sul tram, quel 28 marzo, diretto verso casa a Malcontenta. È suonato l'allarme, siamo scesi e ci siamo nascosti. Quando tutto è finito siamo risaliti sul tram. A bordo erano rimasti tre passeggeri, seduti al loro posto, coperti di sangue. Morti per le mitragliate sparate da uno degli aerei americani».


 

«Le bombe sparate verso l'alto esplodevano in aria per poi ricadere in frammenti sulle case. Le schegge facevano strage»

I racconti, raccolti da Zane, sono semplici, schietti. In genere fanno parte del patrimonio storico familiare. Storie che forse negli anni si sono arricchite di particolari, diventando piccole leggende familiari. Racconti che mettono in luce gli errori e le carenze dell'apparato bellico. Il pericolo non veniva solo dalle bombe, ma anche dalla contraerea, che avrebbe dovuto difendere la popolazione. «Era inefficace - racconta ancora Mazzucco - Non colpiva mai il bersaglio e le bombe sparate verso l'alto esplodevano in aria per poi ricadere in frammenti sulle case. Le schegge facevano strage». Nel grande affresco di Zane c'è posto per tutti, vinti e vincitori. Ritroviamo gli eroi, come Erminio Ferretto, combattente nato, capo della brigata partigiana Felisati, autore di numerosi attacchi al nemico, ma alla fine ucciso da una sventagliata di mitra in un fienile a Bonisiolo, tradito da un compagno che non aveva retto alle torture dei tedeschi; oppure gli autori della beffa del Goldoni, il blitz compiuto da Giuseppe Turcato, Kim Arcalli, Cesco Chinello ed altri partigiani, che salirono sul palco del teatro gremito di tedeschi e fascisti, annunciando che per Hitler era scoccato l'ultimo i quarto d'ora. E ancora il ricordo del maresciallo buono Hermann Morgenroth, un tedesco che ha salvato la vita a qualche partigiano e nel dopoguerra è stato addirittura premiato dal Comune. E tante vittime innocenti, morte senza sapere perché, oppure colpevoli di aver scelto la parte sbagliata in assoluta buonafede, come Glauco Bianchi, indottrinato sin da piccolo del credo fascista, corso nel 45, a meno di sedici anni, in Lombardia per difendere Mussolini. Fu ucciso da una scarica di mitra dei partigiani.



Pagine dure che grondano sangue, ricostruendo una lunga serie di uccisioni, spesso precedute da torture e sevizie, di cui, è giusto non nasconderlo, si macchiarono anche i partigiani. In quei mesi tumultuosi ogni regola di civiltà era saltata. Dopo il 29 aprile quando gli alleati sfilarono in piazza - da quel giorno intitolata a Erminio Ferretto - scattò anche l'ora della resa dei conti, vendette sommarie e processi lampo, istruiti dal Tribunale del Popolo. Anche questo è un capitolo triste, che Zane ricostruisce puntigliosamente. Sentenze dure, senza possibilità d'appello. Se la condanna era a morte, la fucilazione avveniva poco dopo. Ma spesso prima c'erano la gogna e il linciaggio, come accadde per il professor Santi, spietato gerarca, tristemente noto per le torture inflitte ai prigionieri. Venne arrestato a Spinea e immediatamente condotto a Mestre, nella caserma di viale Garibaldi, per essere processato. Ma il tragitto si trasformò in un calvario: il gerarca venne portato su un camion scoperto, che fece un lungo tragitto attraversando vari paesi. Santi subì un vero linciaggio e quando giunse a Mestre era quasi morto. Poche ore dopo venne eseguita la sentenza del tribunale, che il popolo aveva già decretato. La guerra era finita, ma la pace sociale aveva bisogno ancora di qualche anno. C'era un Paese da ricostruire e per Mestre si stava per aprire un altro capitolo denso di incognite, ma ricco di speranze. Nell'estate del 1945 la gente finalmente torna a divertirsi e i mestrini scoprono di avere persino una spiaggia, a San Giuliano. Non è bagnata dal mare, ma l'acqua di laguna poteva bastare per ricominciare a vivere.

Ultimo aggiornamento: 15:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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