Gli ambulanti del mercato: «Bibione sembrava Scampia»

Venerdì 17 Settembre 2021 di Nicola Munaro
La villetta di Gennaro Carrano a Bibione
2

VENEZIA - La sera di giovedì 13 agosto 2020 - dopo che tre giorni prima Stefania Dolci, vicepresidente dell'associazione Pro Lido del Sole aveva resistito alle minacce di Pietro D'Antonio di ammettere alla manifestazione I giovedì del Lido del Sole a Bibione anche gli ambulanti napoletani del suo gruppo non in regola con le quote associative - il mercatino era stato un flop.

Su 30 banchi, soltanto quattro ambulanti avevano aperto il loro tendone. Il perché lo dicono le carte dell'inchiesta della procura antimafia di Trieste capaci di svelare il tentativo della camorra di mettere le mani sui mercatini del litorale. 


LE TESTIMONIANZE

L'ordinanza del giudice per le indagini preliminari triestina, Manila Salvà, raccoglie le testimonianze dei quattro ambulanti che avevano spostato la linea della vicepresidente. I mercanti avevano precisato agli inquirenti che quella sera non solo avevano aperto in quattro su trenta ma anche che il gruppo di ambulanti napoletani di cui Pietro D'Antonio (per il gip «contiguo al clan camorristico Sarno-Contini-Licciardi sin dalla data del suo arresto nel 1998 per altri reati») era portavoce, aveva posizionato il proprio tir di traverso sulla strada di accesso al mercato per impedire ad alcuni mercanti di arrivare ai propri posti. Non solo, per tutta la sera i mercanti napoletani esclusi avevano percorso le strade della manifestazione: «ci passavano vicino con un inequivocabile atteggiamento intimidatorio e di sfida - racconta una vittima - ci guardavano in malo modo con un chiaro atteggiamento da sbruffoni, da bullo diciamo ... Credo proprio per intimidirei».


IL NAPOLETANO: «IO SECCATO»
Gli investigatori sentono altri due mercanti, padre e figlio, che avevano deciso di tenere aperto. «Quella sera mi è sembrato di essere a Scampia» testimonia il più giovane dei due mentre il padre fa mettere a verbale che prima di aprire, per tutelarsi, si era assicurato parlando con Salvatore Carrano (un altro dei nove arrestati dalla Dda di Trieste) che conosceva da anni, che non gli sarebbe capitato niente se avesse aperto la bancarella. Una domanda, scrive il gip riassumendo la deposizione, fatta dall'ambulante «in quanto aveva paura: gli era stato assicurato che non gli sarebbe comunque successo niente ancorché Carrano avesse manifestato espressamente di essere seccato» da questo atteggiamento.
Davanti agli investigatori l'uomo «ha ammesso di avere avuto paura di possibili ritorsioni fisiche e che altrettanto avevano fatto altri due ambulanti - scrive ancora il gip - i quali gli avevano detto chiaramente di avere paura anche loro di ritorsioni».


LA SOLIDARIETÀ

Sono stati altri due mercanti a confermare alla procura che «gli ambulanti in maggioranza avevano aderito alla richiesta del gruppo di napoletani di non aprire i loro banchi per solidarietà con gli ambulanti esclusi» ma soprattutto «di non aver aperto le loro postazioni per timore che potesse succedere qualcosa anche a loro perché vi erano persone presenti». 
I componenti del gruppo di cui Pietro D'Antonio era a capo, infatti, per tutta la sera «guardavano - prosegue l'ordinanza - con fare intimidatorio gli ambulanti che avevano aperto le loro postazioni al mercato» mentre erano a loro volta guardati dagli investigatori che, fingendosi turisti, li stavano tenendo d'occhio (ne parliamo a pagina 9 del fascicolo nazionale).


LA PAURA

Il clima che si respirava nelle sere del 13, 20 e 27 agosto 2020, con la manifestazione boicottata, lo descrive un ultimo mercante testimone della procura. È lui a confermare come «molti non avevano aperto quella sera essendo stati intimoriti dal gruppo di napoletani che reclamavano solidarietà». Mentre chi - lui per primo - aveva fatto la scelta di aprire il banco il 20 agosto era «stato fissato da dietro la bancarella da tre persone del gruppo di ambulanti napoletani». 


IL PRESIDENTE ASCOM

L'idea di bloccare gli accessi con un tir era stata data dal presidente di Confcommercio Bibione, Giuseppe Morsanuto, arrestato mercoledì e chiamato «Beppe Al Ponte», dal nome del suo ristorante, mentre «San Giuseppe» era l'Ascom. Sarebbe lui il tramite tra i napoletani, che lo tenevano in scacco con la promessa di voti per la rielezione, e gli enti con cui provare a rientrare nella manifestazione.

 

Ultimo aggiornamento: 17:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci