Bessarione, il cardinale che fece nascere la Marciana

Lunedì 8 Luglio 2019 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
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 Di lui non conosciamo con certezza nemmeno il vero nome.
Nacque a Trebisonda, morì a Ravenna ed è sepolto a Roma, dove visse gran parte della sua esistenza, eppure il suo lascito a Venezia fu così significativo da essere necessariamente ricordato a quasi mezzo millennio di distanza. Perchè il cardinale Bessarione alla Serenissima regalò centinaia di manoscritti greci e latini, che oltre a costituire il cuore e l'origine della Biblioteca Marciana hanno contribuito a preservare per sempre opere immortali come l'“Iliade”, le cui versioni moderne sono indistintamente mutuate dai due codici presenti a Venezia. Greco di nascita, vide la luce il 2 gennaio 1403 a Trebisonda col probabile nome di Basilio in una famiglia di artigiani che lo affidò tredicenne a Dositeo, il metropolita della città, che lo portò con sé a Costantinopoli. Qui, assieme all'iniziazione alla vita religiosa, fu avviato agli studi letterari e filosofici, nonché alle scienze naturali: studiò retorica e filosofia platonica e si formò alle discipline umanistiche fino a entrare nell'Ordine basiliano all'età di vent'anni, col nome di Bessarione. Divenne diacono nel 1426, prete nel 1431. Sei anni più tardi era già metropolita di Nicea e nell'ottobre dell'anno successivo, il 1438, pronunciò a Ferrara il discorso inaugurale del concilio, auspicando l'unità tra le diverse anime della Chiesa, ma difendendo nelle fasi più accese il punto di vista greco. Divenuto cardinale della basilica dei Santi Apostoli a Roma, dal 1443 di fatto non si allontanò più dall'ambito della corte pontificia se non per incarichi assegnatigli dai sei papi con cui ebbe a che fare – con alterne fortune – nel corso della sua lunga carriera ecclesiale. Per un paio di volte “rischiò” di diventare papa anch'egli, e solo la sua provenienza dalla chiesa greca fu il probabile motivo della mancata nomina. Legato alle sue origini e alla sua formazione che affondava le radici nell'antichità greca e nella tradizione cristiana dei Bizantini, si trovò perfettamente a suo agio nei compiti di un cardinale romano e non rinunciò mai all'unione ideale dei due mondi, che manifestò anche nell'aspetto: per tutta la vita continuò a indossare l'abito da monaco basiliano, portando una lunga barba. Diede vita a una accademia umanistica e scrisse numerose opere, divenendo protettore naturale degli studiosi greci che immigravano in Italia. Il 1453 e la presa di Costantinopoli da parte dell'impero Ottomano segnarono una svolta irreversibile nella sua vita: da quel momento – per i successivi vent'anni, fino alla morte – tutti i suoi sforzi furono tesi a organizzare la riconquista della capitale orientale che nemmeno i veneziani – vedendo minacciati concretamente i propri interessi commerciali – si erano rassegnati a perdere. Ma Bessarione non riuscì mai a concretizzare il suo sogno di riconquista, né a esortare fino in fondo i regnanti europei ad aiutare i greci a resistere all'avanzata turca. Fu allora che decise di rendere Venezia un baluardo contro il Turco; un porto sicuro per quel mondo bizantino del quale si sentiva erede, auspicando che potesse divenire anche luogo di incontro e di dialogo tra le culture, dove mettere in salvo la grande tradizione ellenica dalla minaccia di distruzione dalla quale era sovrastata: dopo l'annullamento di un iniziale lascito al monastero di San Giorgio, il 26 giugno 1468 il cardinale Bessarione donò a San Marco 482 codici greci e 264 latini. Nella primavera dell'anno successivo giunsero a Venezia le prime 30 casse, contenenti 466 fra i manoscritti inventariati. Tutti i restanti, aumentati di ulteriori acquisizioni, arrivarono dopo la sua morte, avvenuta il 18 novembre 1472 a Ravenna. La sua collezione di manoscritti greci era la più grande di tutte quelle che esistevano in Occidente in quel tempo. Nel 1537 Jacopo Sansovino ricevette l'incarico di costruire la “Libreria” che doveva accogliere la donazione. E oggi la Biblioteca Marciana – nel suo essere comunque baluardo di cultura – è dunque anche scrigno prezioso della sapienza degli antichi, fondamento della civiltà, e custode di alcuni codici fra i più rappresentativi della tradizione greca e della latinità.
Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 06:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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