Bazar della droga in via Piave, indagine rimasta ferma 5 anni. Il Tribunale: «I ritardi? Ci mancano i giudici»

Mercoledì 7 Giugno 2023 di Roberta Brunetti
La parte della Cittadella della giustizia con la Procura e il Tribunale penale

MESTRE - Un’ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Procura nel maggio del 2020, che per due anni non viene nemmeno assegnata dall’ufficio Gip per mancanza di giudici.

Problema annoso, non ancora risolto, questo delle carenza di organico dell’ufficio Gip, che sta alla base anche dei ritardi con cui è stata data esecuzione all’ultima ordinanza sullo spaccio in via Piave. «Un problema che stiamo cercando di risolvere - spiega il presidente del Tribunale di Venezia, Salvatore Laganà - Purtroppo il Csm non ha ancora provveduto all’applicazione di un nuovo giudice: due interpelli sono andati a vuoto, ora ce n’è un terzo in scadenza a giorni. Nel frattempo ho provveduto a spostare un altro giudice, ma che potrà prendere servizio solo dopo aver scritto la sentenza per Eraclea». Una coperta che resta corta, anzi cortissima: a fronte di un organico di nove giudici, quelli oggi operativi sono appena cinque. «L’ordinanza su via Piave era molto complessa, è passata da un gip all’altro - spiega ancora il presidente -. Poi quando sono andati via tre gip contemporaneamente, abbiamo potuto trattare solo le urgenze. Anche questa era un’urgenza, ma un’urgenza complessa che richiedeva un certo impegno. E con così pochi giudici, c’erano altre attività impegnative. Penso alla misura per i fatti di Santa Maria di Sala o all’abbreviato per il processo su Fincantieri. Abbiamo un problema di carenza e di arretrato che speriamo di ridurre».


LO STALLO DAL GIP
Allarga le braccia, a fronte di un problema noto, anche il procuratore della repubblica, Bruno Cherchi: «L’importante è che alla fine l’ordinanza sia arrivata. Ormai la davamo per persa - commenta con una battuta - Il problema dell’organico lo abbiamo detto e ridetto, siamo andati a Roma e abbiamo già parlato con tre ministri. Cos’altro possiamo fare...».
In questo caso la richiesta di misura cautelare era partita dalla Procura nel maggio del 2020, a firma del sostituto procuratore Massimo Michelozzi, poi andato in pensione. Per due anni le carte sono rimaste congelate, nemmeno assegnate. Finalmente l’anno scorso arrivano sul tavolo della gip Benedetta Vitolo, uno degli ultimi arrivi. A settembre la giudice chiede in Procura se la richiesta è ancora di attualità. A fronte di una risposta affermativa, si mette al lavoro. E a gennaio la sua ordinanza è pronta. Gli ultimi mesi se ne vanno per le traduzioni delle quasi mille pagine dall’italiano all’albanese e all’arabo.


NUMERI SPROPORZIONATI
Un’analisi del problema arriva anche dal presidente dell’ordine degli avvocati, Tommaso Bortoluzzi. «A Venezia abbiamo una Procura che ha un numero sproporzionato di magistrati rispetto ai gip, che è l’ufficio che ha il maggior carico di lavoro, tra misure cautelari, udienze preliminari, archiviazioni che giacciono per anni. Sono numeri assolutamente inadeguati, anche se fosse rispettata la pianta organico e non lo è. Non è pensabile che l’ufficio gip abbia un terzo dei magistrati della Procura».

Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 11:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci