Il questore: "Nuove leve per le baby gang, sappiamo chi sono"

Sabato 3 Ottobre 2020 di Nicola Munaro
Il questore Maurizio Masciopinto
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 «Le baby gang sono state il primo argomento del quale mi hanno informato». E, a memoria d’atti, quelle misure di prevenzione firmate sul finire dell’aprile 2019 sono stati i primi provvedimenti firmati dal dottor Maurizio Masciopinto, questore di Venezia da fine marzo 2019. Un anno e mezzo dopo («Un anno nel quale è successo di tutto e questo mi ha fatto innamorare ancora di più di Venezia») le baby gang tornano d’attualità e occupano un capitolo importante del bilancio di questi diciotto mesi. Questore, domenica scorsa un pestaggio a due turisti. «Adesso la città sta cominciando a rivivere una certa normalità e porta in strada personaggi che conosciamo. Sappiamo chi sono i ragazzi che hanno aggredito i due turisti e stiamo per riadottare una serie di misure già sperimentate».
Dopo un periodo di latenza, sono tornati? «Ci sono delle nuove leve che non hanno ancora vissuto l’esperienza della restrizione della libertà dei propri compagni. I nuovi gruppi sono gruppi divisi, c’è un maggiore radicamento per i veneziani che dimostrano la volontà di marcare il territorio. Venezia è un luogo articolato su due città, ha una conformazione territoriale che si riflette sulla società». Il patriarca ha parlato di emergenza educativa. «Sono fenomeni giovanili abbastanza diffusi in generale, bisogna pensare però con logiche sociali, non deve essere presa una deriva di polizia sempre e comunque. I risultati non arrivano mai da soli, a Venezia abbiamo un’autorità giudiziaria ordinaria e minorile molto sensibile e capace. I risultati ottenuti nel 2019 sono frutto di una sinergia e di una comunione d’intenti anche con il prefetto Vittorio Zappalorto. Questi ragazzi vivono un disagio sociale: noi abbiamo il dovere morale di salvarli». Intanto l’M9 a Mestre è diventato uno dei luoghi di aggregazione preferiti...
«In questo territorio i giovani hanno pochi punti di aggregazione e dove non ci sono, se li creano da soli. I luoghi di aggregazione sono posti sui quali investire. Faccio un esempio: guardo i ragazzi sui barchini che condividono aperitivi e ridono, questa è una ricchezza. Bisogna valorizzare la loro storia, potrebbe essere utile individuare dei luoghi dove vedersi in tranquillità sui barchini e in sicurezza». La vostra estate è stata molto impegnata sul tema del controllo della laguna. Come mai? «Uno dei problemi che mi era stato rappresentato era quello del moto ondoso. Abbiamo deciso di affrontare il problema in maniera strutturata: salvaguardare quella ricchezza storica che è la vita in barchino ma nel recinto della legalità. Per questo è stata messa in campo un’attività di controllo capillare. Ieri (giovedì, ndr) è venuta una donna, madre di figli adolescenti, per ringraziarci. Ecco, ritengo che questo sia un giro di boa culturale sui motori alterati». Ci sono poi i furti di barche: ora le denunce sono tornate a salire...«Anche su questo punto ci siamo mossi con diverse operazioni. È un fenomeno in ripresa: stiamo per metterci mano». E via Piave a Mestre? I residenti lamentano il ritorno degli spacciatori. «Nella corsa tra guardia e ladri, il ladro affina le sue capacità. Il 2018 è stato un grosso colpo ma l’estate scorsa le cose sembravano tornate al vecchio modello. Anche questo è un fenomeno sociale perché la droga risponde alle leggi del mercato. Mestre è un centro di smercio, ma la nostra battaglia non è finita e ci stiamo preparando». Il Covid ha fatto rialzare l’allarme mafie. Che situazione vede nel Veneziano? «Questo è un territorio ricco e dove c’è ricchezza c’è attrazione di criminalità. Per questo serve tenere ancora più alta la guardia, come sostiene il procuratore capo Bruno Cherchi, che ha una sensibilità particolare sul tema. Qui la mafia non è violenta, spesso non si vede e la gente viene attratta a fare affari. Non vedrete la pressione con la pistola ma dovete denunciare quando c’è qualcosa di poco chiaro». Torniamo ai mesi appena passati: un’estate calda, soprattutto a Jesolo. «Intanto i dati: nel periodo tra giugno e settembre i reati sono diminuiti del 40%. Questa è stata un’estate particolare, alla fine di un lockdown dove i giovani hanno sofferto la mancanza di socialità. C’è stata anche una difficoltà dei locali a gestire un adattamento. Chi non si è rinnovato è entrato in loop complicato fatto di polemiche e provvedimenti dell’autorità». E le risse? «Frutto della smania dei ragazzi ostaggi del lockdown mischiato al ritorno alla libertà e all’abuso di alcol. Anche in questo caso i tavoli convocati dal prefetto hanno portato ad un rientro degli episodi. Questo ci ha permesso di concentrarci sulla lotta alla droga a Jesolo, in estate uno snodo importate dello spaccio». Questore che anno e mezzo è stato? «Complicato. Il primo fatto storico è stata la Msc del 2 giugno dal quale sono scaturite manifestazioni importanti con un equilibrio da gestire in maniera delicata. Poi l’acqua alta del 12 novembre con tutto quello che ne è derivato. Infine il coronavirus: abbiamo visto una città come non l’ha mai vista, e spero non la vedrà mai, nessuno. Questo ha creato un amore nei suoi confronti: l’ho vista sofferente e ha creato un rapporto speciale. C’è stata una risposta culturale forte, un humus di vicinanza tra noi e i cittadini».
Ultimo aggiornamento: 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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