Mauro Codussi detto "il Moretto" anticipò il Rinascimento lagunare

Lunedì 19 Novembre 2018 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
In città ha lasciato edifici dalle forme inconfondibili come la chiesa di San Michele in Isola, la facciata della Scuola Grande di San Marco (con la bellissima doppia scalinata interna poi replicata in quella di San Giovanni Evangelista), le chiese di San Zaccaria, di Santa Maria Formosa e di San Giovanni Grisostomo, ma anche Ca' Vendramin Calergi e Ca' Corner Spinelli, entrambe sul Canal Grande, oltre a Ca' Zorzi a San Severo. Anche la Torre dell'Orologio gli è attribuita, progettata assieme al conterraneo Bartolomeo Bon. Si tratta di forme, volumi e curvature di marmi che in buona parte con la loro sinuosità anticipano i dettami del Rinascimento architettonico veneziano e recano un'unica firma: quella di Mauro Codussi, bergamasco della provincia, che a Venezia conobbe le sue fortune e visse come civis Bergomi et ibi habitator.
Nato a Lenna, in Val Brembana, attorno al 1440, si formò professionalmente in Romagna, a Ravenna, dove quasi certamente conobbe Leon Battista Alberti, l'umanista e architetto che fu precursore di molti grandi figure che nel Cinquecento fecero rifiorire le arti in ogni settore.
Fu però a partire dal suo trasferimento a Venezia, avvenuto nel 1467 con la commissione da parte dei frati Camaldolesi della loro chiesa a San Michele che iniziarono le sue fortune, dimostrando nei fatti di essere il più geniale tra i costruttori del Rinascimento lagunare.
Eppure, quest'uomo conosciuto oggi con più nomi (Mauro Codussi, Coducci, Moretus, Maurus de Cudussis de Lentina ma anche Moro Lombardo, così come lo menzionò Jacopo Sansovino in un suo trattato) rimase pressoché privato della paternità delle sue opere per quasi quattrocento anni: fu infatti uno studioso di fine Ottocento, Piero Paoletti, a riscoprirlo come autore di edifici che fino a quel momento erano stati attribuiti ad altri, in primis a suo padre Martino.
Peraltro, nonostante la mole cospicua di documenti scoperti su di lui, si sa ancora poco o nulla della vita di Codussi: di sicuro quando risiedeva a Venezia abitava nella zona di San Provolo (non troppo lontano dunque dalla chiesa di San Zaccaria della quale fu proto e che rifece assieme al fratello Bernardo); ma si conoscono anche i suoi viaggi frequenti a Bergamo dove amava svernare e dove aprì un negozio di stoffe nella Vicinia di San Pancrazio, che lasciò in gestione ai due figli, Domenico e Santino.
Secondo alcune fonti ebbe anche un altro figlio da una prima moglie, che ne seguì l'attività di architetto.
A Venezia le sue frequentazioni furono di altissimo livello, formato da persone di grande cultura e di grande influenza: Andrea Loredan, il munifico finanziatore di San Michele (dove fu poi sepolto), che gli commissionò anche il suo palazzo, il Vendramin-Calergi; ma anche il dotto Pietro Dolfin, abate umanista, e Maffeo Gerardo, priore a San Michele e poi patriarca di Venezia e cardinale (che gli fece restaurare il campanile di San Pietro di Castello). In pochi anni divenne l'architetto più famoso e richiesto della città.
Il 13 maggio del 1498 Mauro Codussi entrò a far parte della Confraternita di San Giovanni Evangelista senza dover pagare la tassa d'ammissione; una eventualità che unita alla scoperta di due documenti che registrano denari pagati da mº (maestro ndri) Moro per forniture di salini e patj fa ritenere che la costruzione del bellissimo scalone della Scuola Grande sia stata affidata a lui. Era infatti consuetudine delle Scuole maggiori ammettere tra i confratelli quegli artisti, o maestri, che eseguivano lavori di grande rilevanza negli edifici di loro proprietà.
È del tutto probabile che Codussi si sia assunto personalmente l'onere di edificare la scala, il cui progetto fu presentato il 14 agosto successivo.
L'architetto era dunque conosciuto come il Moro, ma anche il Moretto da Bergamo.
A San Michele in Isola, tra le teste umane raffigurate sopra i capitelli dei pilastri che fregiano il barco, compare la curiosa raffigurazione di un saraceno (un moro, appunto) con pizzo e turbante: secondo la tradizione, si tratterebbe di una sorta di firma-icona della sua prima opera veneziana. Mauro Codussi morì a Venezia nel 1504.
Ultimo aggiornamento: 15:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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