MESTRE - «Sì, sì torno a lavoro, sono anche stufo di stare a casa. Ma cambierò mansione, basta con il ritiro dei valori». Il 10 settembre Luca Girardini, 59 anni, di Marcon, guardia giurata alla Civis, veniva aggredito all’Auchan dopo aver ritirato gli incassi della settimana.
Come sta? Cos’è successo in questi quattro mesi?
«Ho fatto tre cicli di terapia: all’inguine, alla mano sinistra e alla schiena per riprendere dalle ferite di quella mattina. Avevo tanti dolori, la maggior parte della volte ci sono ancora ma sono sopportabili. Ho vissuto dal divano al letto e viceversa. Sono dovuto stare immobile per venti giorni. Poi una visita ortopedica a inizio ottobre ha detto che potevo alzarmi e così con mia moglie Gianna ho iniziato qualche passeggiata in giro per Marcon».
Come sarà tornare a lavoro? Ha mai pensato di cambiarlo?
«No, mai. Ma di cambiare mansione sì. Non sono in grado di fare uno scatto e non saprei nemmeno quando potrei ritornare a fare quello che facevo prima. È una decisione che viene da lontano, avevo chiesto di togliermi da quel ruolo già due anni fa ma non era stato possibile all’epoca. Poi è successo il fattaccio».
E sì che stava andando tutto bene...
«Quel sabato era un bel sabato. Nel pomeriggio dovevo andare a Udine perché mia moglie alla sera doveva andare a cantare lì in un locale e invece...».
Non ha mai raccontato quei momenti. Se la sente?
«Alle 10.30 eravamo arrivati all’Auchan, ogni tanto variamo gli orari per non essere prevedibili. Sono sceso dall’auto e sono andato a fare il prelievo, ruolo che toccava sempre a me. Stavo uscendo dalla parte dei bagni e mi si è avvicinata una persone che sembrava un ragazzino: ha farfugliato qualcosa che non ho capito, gli ho dato uno spintone per allontanarlo e quando ho cercato di raggiungere il furgone, mi ha sparato».
Si era accorto della pistola?
«Ho intravisto qualcosa quando l’ho spintonato».
Poi?
«Ho sentito come un tappo di bottiglia colpirmi al gluteo, mi sono toccato e ho visto che ero pieno di sangue. Ero quasi accucciato, ho visto che stava armeggiando di nuovo con la pistola e gli sono saltato addosso. Ho preso la sua arma, lui ha tentato di darmi una testata e io gli ho dato un pugno per staccarlo da me: è nata una colluttazione e strattonandoci siamo usciti all’esterno dell’Auchan. Io gli sono caduto sopra e l’ho colpito con la pistola, cinque o sei volte. Mi sono fermato per paura di ammazzarlo. Poi sono salito in furgone con la sua arma in mano, mi sono chiuso dentro ed è sceso l’autista che l’ha immobilizzato fino all’arrivo delle forze dell’ordine. Io il mio dovere l’ho fatto, i due plichi ritirati non li ho mai lasciati un attimo, me lo sono portati in furgone. A bordo cominciavo a perdere i sensi, mi ha tirato giù un militare, poi sono arrivati i colleghi e i soccorsi: sono stato cosciente fino a quando è arrivata l’ambulanza, ho visto e sentito tutto. Dicono che abbia sparato 3 colpi ma io sentito solo uno, gli altri non so dove li abbia sparati».
Gli esami dell’ospedale hanno certificato che poteva finire peggio...
«Il colpo è uscito dall’inguine opposto. Il proiettile ha battuto sull’osso e così è stato deviato dalla femorale: è passato a due centimetri. In quel momento non ho sentito nulla, io che vado in panico per un esame del sangue».
Nei giorni successivi è stato chiamato «eroe» anche dal governatore Luca Zaia. Ha ricevuto qualche premio?
«Un encomio dalla Civis, mi ha chiamato l’Auchan per ringraziarmi e anche il sindaco di Marcon aveva detto che quando mi sarei rimesso mi avrebbe contatto. È stata una bella avventura, è bello essere qui a raccontarla».
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