Tagli di Berlino, a Venezia rischia l'associazione italo tedesca da 52 anni fulcro di eventi e mostre

Nel palazzo cinquecentesco Albrizzi Capello, con affreschi tiepoleschi, l'istituzione culturale rimane al piano nobile. Sopra funziona un bed and breakfast che accoglie turisti da pizza e kebab. Nevia Pizzul: "Due modi di viverla, sintesi della città lagunare oggi". Un po' modernizzata, un po' decaduta

Mercoledì 11 Gennaio 2023 di Vittorio Pierobon
Nevia Pizzul Capello nel salone di Palazzo Albrizzi Capello tra cultura e affreschi tiepoleschi. L'associazione culturale italo tedesca rischia la chiusura

VENEZIA - Un palazzo - di proprietà di una grande famiglia di imprenditori veneziani - che, nonostante il Mose, quando c'è acqua alta si allaga, e un'aristocratica professoressa dai lontani ascendenti tedeschi. Sono i protagonisti di una storia veneziana, lontana dai riflettori, immersa nella cultura. La signora, attorno a cui ruota tutto, è la professoressa Nevia Pizzul Capello, nata per caso a Monfalcone, dove il nonno era capitano di una nave, e vissuta durante l'infanzia ad Abazia. Ma da sessant'anni veneziana. Dai tempi in cui si pagava gli studi all'università di Ca' Foscari, lavorando al Consolato tedesco. Da oltre 50 anni la professoressa è l'anima, deus ex machina, dell'Associazione culturale italo-tedesca, che ha sede nel sestiere di Cannaregio, in fondamenta Sant'Andrea, in uno dei luoghi più bassi di Venezia. Ed è per questo che l'androne di palazzo Albrizzi Capello (di proprietà della famiglia Colussi, del biscottificio famoso nel mondo per i baicoli) quando l'acqua alta non raggiunge i livelli che fanno scattare le paratoie del Mose, salvando la città dall'allagamento, va sotto.

Peggio di prima, perché una volta almeno mettevano le passerelle, ora no.

IL CRUCCIO
Ma non è l'acqua alta a preoccupare la vestale di palazzo Albrizzi Capello. Il cruccio della professoressa è il futuro della sua creatura, l'Associazione culturale italo-tedesca, che rischia, dopo quasi 52 anni di qualificata presenza in città, di dover alzare bandiera bianca. Nevia, signora d'altri tempi che non aspetta più gli ottant'anni, ma animata da un grande vigore fisico ed intellettuale, lancia l'Sos con discrezione. Non è nel suo stile chiedere, ma ha bisogno di aiuto. «Mi spiace dirlo, però i conti non tornano, non ce la facciamo più a reggere le spese. Abbiamo bisogno di aiuto. Fino a pochi anni fa potevamo contare su un forte contributo (120mila euro annui) del ministero degli Esteri tedesco, ora il sostegno si è ridotto a 29mila euro. Non ce la facciamo a reggere, nonostante la famiglia Colussi ci stia fortemente aiutando nelle spese d'affitto».
È il rovescio della medaglia di Venezia. Luccicante, se guardata strizzando l'occhio al turismo mordi e fuggi, opaca, se vista da chi organizza eventi culturali di nicchia. Concerti, mostre d'arte, conferenze, esposizioni, convegni, sono gli appuntamenti che si susseguono a palazzo Albrizzi, nelle splendide sale con affreschi della scuola del Tiepolo e stucchi di Jacopo Guarana. La capienza della sala concerti è di circa cento posti. Oltretutto non si paga il biglietto, si entra per invito. Difficile far quadrare i conti.

I CONTI
La professoressa parla chiaro. «La gestione complessiva ci costa circa centomila euro l'anno. Oltre al contributo del governo tedesco possiamo contare sulle quote associative (circa 500 iscritti, ma non tutti rigorosi nel pagare), sui proventi dei corsi di lingue che organizziamo, e su qualche donazione di chi espone nelle nostre sale. Il bilancio è in rosso, perché nei due anni di pandemia le entrate si sono quasi azzerate. Abbiamo cercato di ridurre al massimo i costi, una volta avevamo una dozzina di collaboratori, ora ne abbiamo solo una, peraltro molto brava. Io ho lanciato un appello ai molti amici che abbiamo sparsi nel mondo, ma i tempi sono duri per tutti. Per ora ho avuto tanta solidarietà, però nulla di concreto. Mi basterebbe superare il 2023, poi spero che gli effetti della ripartenza si vedranno».

LE ORIGINI
Quello tra Nevia Capello e palazzo Albrizzi Capello è un legame che affonda le radici nei secoli. I suoi antenati giunsero a Venezia nel Cinquecento. Famiglia facoltosa, originaria di Capua (chiamata dei Capuanelli, da cui poi è derivato Capello), acquistò il palazzo dove risiedette fino all'Ottocento, integrandosi nell'aristocrazia veneziana (il titolo di conte venne dato in segno di riconoscenza per il contributo dato nelle campagne militari della Serenissima). Quando Elena Capello si sposò con un Albrizzi portò in dote il palazzo che assunse la doppia denominazione. E qualche secolo dopo, quando Nevia, su forte spinta del Consolato tedesco, fondò l'Associazione, appena fu possibile, tornò nell'antico palazzo di famiglia, che nel frattempo aveva cambiato proprietà, affittando il piano nobile e gli spazi al piano terra, per un totale di circa seicento metri quadrati.
Negli anni l'Associazione Culturale Italo-Tedesca si è conquistata uno spazio importante nel panorama artistico veneziano, soprattutto per l'attività concertistica. Ma anche mostre di grandissimi pittori, (Durer, Rembrandt e Goya, tra gli altri). E importanti collaborazioni con Biennale, Fenice, Fondazione Cini, Fondazione Venezia, Agimus. Nella sala della musica di Palazzo Albrizzi hanno suonato grandissimi maestri.
«Mi piace ricordare un giovane David Geringas - ricorda Nevia Pizzul Capello - che quando si esibì da noi era quasi sconosciuto, ed ora è uno dei più grandi violoncellisti del mondo». La professoressa, mentre racconta la storia del Palazzo, cammina lentamente per stanze e corridoi, illustrandone i pregi e inanellando una serie di nomi ed aneddoti. Lungo le scale, passano due giovani con i trolley, diretti ai piani superiori, trasformati in bed and breakfast. Lei li guarda sorridendo amaramente: «Vede? Questa è la perfetta sintesi della Venezia d'oggi: qui, al piano nobile, cerchiamo di fare cultura, sopra, cercano pizza e kebab. Due modi molto diversi di vivere la città». Un braccio di ferro che la professoressa Nevia non vuole perdere.

Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 22:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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