L'ultimo artigiano battiloro di Venezia: «Sono l'unico in Europa. Peccato che non ci siano giovani disposti a continuare»

Venerdì 31 Luglio 2020 di Vittorio Pierobon
L'ultimo artigiano battiloro di Venezia: «Sono l'unico in Europa. Peccato che non ci siano giovani disposti a continuare»
Nell'antica casa di Tiziano Vecellio a Venezia, alle Fondamente Nuove, è attivo l'ultimo artigiano battiloro in città. Dal suo lavoro e dalle mani esperte dei suoi familiari escono le preziosissime lamine che servono per arricchire il vetro di Murano e i monumenti. «Sono l'unico in Europa. Peccato che non ci siano giovani disposti a continuare».

IL PERSONAGGIO
«Venga, l'aspetto in laboratorio, non può sbagliare, è la casa di Tiziano». E quando Marino Menegazzo, l'ultimo battiloro d'Europa, dice Tiziano non intende uno qualunque, ma Vecellio, il grande pittore che tra quelle mura veneziane ha trascorso 45 anni. Pare che avesse scelto quella casa perché, nelle giornate di sereno, da quella posizione alle Fondamente Nuove nel sestiere di Cannaregio, si vedono le montagne cadorine dove, sul finire del quindicesimo secolo (la data è incerta), nacque a Pieve il maestro del colore. Se Tiziano usava il pennello, Marino Menegazzo 66 anni carichi di vigore, usa il martello. È l'unico, non solo in Italia, che ancora si ostina a battere manualmente le lamine d'oro. Martellate a ritmo costante, con una media di 16mila colpi all'ora.



IL MARTELLO DELL'ARTIGIANO
«La macchina non ha la sensibilità dell'uomo, non può raggiungere i livelli di perfezione che solo anni d'esperienza riescono ad ottenere». Vederlo in azione è uno spettacolo, un movimento continuo, armonico, elastico, su è giù per colpire l'involucro dove sono racchiuse le foglie d'oro. Colpi regolari con martelli di vario peso, dai tre agli otto chili. Menegazzo non sbaglia un colpo, o quasi: «In quarant'anni mi sono colpito alle dita quattro volte. Una buona media». La storia dell'impresa Mario Berta Battiloro, comincia quasi cento anni fa, nel 1926, quando i cugini Rivani, decisero di riproporre a Venezia un'attività artigianale che era scomparsa, quella dei battitori d'oro, gli artigiani che preparano le sottilissime lamine utilizzate per impreziosire i vetri di Murano, guarnire i mosaici o rivestire sculture.

CATEGORIA IN ESTINZIONE
«Sembrerà incredibile, ma i battiloro si erano estinti a Venezia già a fine Ottocento. Eppure questo è un mestiere tipicamente veneziano: è stato importato da Bisanzio attorno all'anno mille ed ha avuto una grande diffusione. Nel Settecento c'erano oltre 300 artigiani tra battiloro, tagliaoro e tiraoro». Ora è rimasto solo Marino Menegazzo con le figlie gemelle Eleonora e Sara e la moglie Sabrina Berta, figlia di Mario che nel 1969 rilevò l'attività dei cugini Rivani, tragicamente scomparsi in un incidente stradale, fondando l'azienda che ancora porta il suo nome. Nei locali, che furono la bottega del Tiziano, il tempo sembra essersi fermato: pavimenti, travi e portali sono ancora quelli del 1400, quando il palazzo venne costruito, il laboratorio è quello attrezzato dai fratelli Rivani, persino i martelli che usa Marino sono datati 1926. «Abbiamo cercato di mantenere l'ambiente come si vede nelle vecchie foto - racconta il maestro battiloro - ma ovviamente abbiamo anche dovuto adeguarci alle normative. Per esempio il maglio e la fonderia sono stati spostati in un locale insonorizzato, con tutti i dispositivi di sicurezza previsti, che si trova dall'altra parte del giardino». Una volta l'azienda dava lavoro a 14 persone, ora sono rimasti in sei. La famiglia Menegazzo e due collaboratrici. «I tempi sono cambiati, la crisi è iniziata nel 2007. È andata in parallelo con il declino del vetro di Murano. Il Covid, naturalmente, ci ha dato un'altra mazzata, perché sull'isola del vetro è tutto fermo, ci sono pochissimi turisti. Ma non voglio lamentarmi, per ora il lavoro non manca, abbiamo clienti in tutta Europa».

L'USO NELLA COSMESI
Eleonora, una delle gemelle, che proprio in questi giorni hanno compiuto 37 anni, spiega come l'azienda stia cercando nuovi sbocchi commerciali, sfruttando le fantastiche proprietà dell'oro. «Abbiamo messo in commercio un kit per maschere facciali di bellezza. Un trattamento che dà risultati splendidi, anche se, ovviamente, non permanenti. Prima si massaggia il viso con acido ianuronico, poi lo si ricopre con sottilissime lamelle d'oro e dopo una ventina di minuti si passa un siero a base di vitamina E che aiuta ad assorbire le squame della maschera d'oro. Dopo il trattamento il viso risulta più luminoso, elastico, ringiovanito. E spariscono le imperfezioni cutanee, gli arrossamenti. Il trattamento, naturalmente, va fatto eseguire nei centri estetici da personale qualificato. 

PREZIOSI GIOIELLI
Inoltre, assieme a mio marito abbiamo lanciato una linea di gioielli temporanei: tatuaggi a base d'oro o d'argento che, a differenza di quelli ad ago, si possono eliminare in qualsiasi momento». Ma se le gemelle guardano al futuro, Marino, insignito del titolo di maestro d'arte, resta ancorato al suo splendido mestiere di cui è innamorato: «Il martello non mi pesa, faccio un paio d'ore al giorno di battitura senza nessuna fatica. Se hai la tecnica tutto sembra più leggero». Peccato che non abbia eredi. «Ho provato a prendere dei giovani a bottega per insegnare il mestiere, ma non reggono. I giovani d'oggi non hanno la testa per questo tipo di lavoro. Ci vogliono pazienza, concentrazione e soprattutto passione. Vedere come si trasforma l'oro ha del miracoloso».



LAMINE PREZIOSE
Effettivamente sembra incredibile che da un grammo d'oro, a colpi di martello, Menegazzo riesca ad ottenere quasi un metro quadro di sottilissima lamina divisa in quadratini. Una leggerezza insostenibile: basta un respiro per rompere le lamine. E qui arriva il delicato lavoro delle donne, mamma Sabrina con le gemelle e le lavoranti. Stanno sedute attorno ad un vecchio tavolo, con poca luce per non essere abbagliate dal metallo, e confezionano libretti da 25 foglie d'oro, pronti per i vari usi decorativi. Le prendono una ad una dal pacchetto battuto da Marino con una pinza in legno, e le appoggiano su un panno in pelle scamosciata per rifilarle e portarle a misura e deporle nel quadernetto. Un libretto d'oro del peso di mezzo grammo! «Chi vuole che oggi faccia questi lavori - commenta con amarezza l'ultimo battiloro - Purtroppo in futuro la produzione sarà tutta affidata alle macchine, ma creda la differenza si vede». L'oro di Berta si trova in bella vista su alcuni dei monumenti più noti al mondo. Le lamine battute da Marino ricoprono l'Angelo sul campanile di San Marco, la Madonnina in cima al Duomo di Milano, la Croce della chiesa del Rosario di Lourdes, la Sagrada Famiglia a Barcellona e, volendo uscire dal campo religioso, le bottiglie di Dorona, il vino pregiato che si ricava dalle vigne dell'isola di Mazzorbo. «Mi spiace che il nostro lavoro non venga apprezzato proprio a Venezia - si sfoga Marino Menegazzo - Quando è stata ricostruita la Fenice nessuno ha chiesto il nostro contributo per le decorazioni. Eppure noi rappresentiamo, nel nostro piccolo, un simbolo della Venezia che tutti dicono di voler preservare. Mi piacerebbe che il sindaco Brugnaro e magari anche il governatore Zaia trovassero il tempo per venire nel nostro laboratorio. Sono certo che capirebbero subito che qui c'è un pezzo di storia di Venezia». Una piccola enclave, fuori dai circuiti turistici, dove l'antica Venezia resiste silenziosamente. 

(vittorio.pierobon@libero.it) 
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