Arsenale, il ruggito dei leoni: la storia delle quattro statue a guardia dell'entrata Sapete da dove arrivano?

Domenica 23 Maggio 2021 di Alessandro Marzo Magno
Arsenale, il ruggito dei leoni: la storia delle quattro statue a guardia dell'entrata

L'affascinante storia dei quattro felini messi a guardia dell'entrata del complesso militare della Serenissima, originari del Peloponneso (l'antica Morea) arrivarono a Venezia come preda di guerra grazie a Francesco Morosini attorno al 1688 Il più antico è originario di Delo, mentre quello più grande stava a guardia del porto del Pireo. Appello per la loro tutela.


«Venezia è l'unica città del mondo ad avere originali greci a vista.

Ma bisogna salvarli perché si stanno irrimediabilmente rovinando, vanno sostituiti con copie e ritirati all'interno, come è stato fatto con i cavalli di San Marco». A parlare così è Antonella Sacconi, archeologa, che ai leoni dell'Arsenale ha dedicato la sua tesi di laurea, anni fa, poi anche pubblicata. Fiorentina, ora vive a Milano, ma il suo amore per Venezia non è mai venuto meno. Fino a questo momento è l'unica archeologa ad aver studiato i quattro leoni messi a guardia dell'entrata dell'Arsenale ed è preoccupata per i danni che stanno subendo. È sotto gli occhi di tutti che le scritte in caratteri runici sul leone più grande, quello del Pireo, sono quasi scomparse e per fortuna che erano stati eseguiti rilievi nell'Ottocento e quindi è stato possibile decifrarle, almeno in parte. E per fortuna che sono stati ripuliti e circondati da catenelle, visto che molti se li ricordano scribacchiati da pennarelli, insozzati dai piccioni e anneriti dallo smog. «Quando andavo a fare i rilievi», ricorda Sacconi, «c'erano persone che si mettevano a cavalcioni per farsi le foto ricordo. Su originali ellenici del VI-IV secolo avanti Cristo!».


PREDA DI GUERRA

Tre dei quattro leoni sono arrivati a Venezia come preda di guerra durante la campagna di Morea di Francesco Morosini, attorno al 1688, e uno, il più antico, è stato portato da Delo all'inizio del Settecento. È quello centrale dei tre leoni sulla destra dell'ingresso all'Arsenale. La più grande e la più celebre tra le belve di pietra è la statua sulla sinistra, ovvero il leone che stava a guardia del porto del Pireo, tanto che gli dava il nome: fino all'arrivo di Morosini si chiamava Porto del Leone. Molti viaggiatori lo avevano descritto, la prima testimonianza è del 1318, e si trovava in fondo allo scalo, all'inizio della strada che portava ad Atene, distante una decina di chilometri (oggi la capitale greca e il suo porto sono fusi in un'unica megalopoli). È una scultura in marmo del IV secolo a. C., alta 3,80 metri, si presume fosse stata elevata come statua celebrativa delle battaglie di Maratone e Salamina. Il muso presenta evidenti tracce di restauro e le fauci sono state rifatte. Sui fianchi presenta iscrizioni runiche incise nell'XI secolo da guerrieri variaghi (vichinghi) che costituivano la guardia d'onore dell'imperatore bizantino.


LA NUOVA COLLOCAZIONE

Non sono mai state completamente decifrate, comunque oggi, come detto sono quasi scomparse. Sparita pure la data 1458, che si leggeva fino a metà Ottocento, forse apposta da un viaggiatore. Il leone è stato collocato fuori dall'Arsenale nel 1688 e sul basamento era stata posta una scritta in bronzo che celebrava l'impresa di Atene di Francesco Morosini. La scritta è stata divelta a fine Settecento, probabilmente in epoca napoleonica, e in seguito rifatta incidendola nel marmo, come si legge ancora oggi. Spostiamoci dall'altra parte dell'ingresso dell'Arsenale con le decorazioni in bronzo che celebrano le imprese morosiniane e vediamo la prima statua sulla sinistra delle tre. Si tratta del cosiddetto leone dell'Hephaisteion. Segnava la fine della strada dal Pireo, che iniziava, come detto con l'altro leone. È una statua del IV secolo a.C., arrivata a Venezia nel 1687, come ricorda la scritta alla base. In alcuni disegni che ritraggono Atene nel Seicento si vede il leone oltre il tempio di Efesto (Hephaisteion) e nel 1672 era stato segnalato un foro praticato nella testa che lascia pensare a un suo uso come fontana.


LE ORIGINI GRECHE

La statua era giunta a Venezia senza testa, tanto che, forse per la posizione accucciata, Morosini l'aveva scambiata per una leonessa. La testa che è stata in seguito collocata, con tanto di criniera, corrisponde tuttavia perfettamente al corpo sottostante, tanto che di certo si tratta dell'originale e la scultura è stata in tal modo ricomposta. Anche sulla base di questo leone c'era una scritta divelta e poi ricomposta che ricorda come si trattasse di un trofeo della flotta veneziana. Il leone centrale è la statua più antica di tutte, proviene da Delo, e risale al VI secolo a.C. L'ha presa una squadra navale della Serenissima al comando dell'ammiraglio Pisani che si era fermata nell'isola di Delo, nelle Cicladi, per fare acqua. È stata posta a fianco dell'ingresso dell'Arsenale per celebrare la vittoria veneziana nell'assedio di Corfù, nel 1716, quando le truppe al comando del maresciallo Johann Matthias von der Schulenburg hanno respinto l'assedio ottomano (all'interno dell'Arsenale un grande bassorilievo in pietra d'Istria ricorda il comandante tedesco e la sua vittoria). Pure questo leone era senza testa e glien'è stata messa una sproporzionata, che non c'entra nulla, molto più grande dell'originale. Lo sappiamo perché faceva parte di un gruppo scultoreo a Delo e gli altri cinque leoni sono ancora lì, con la loro testa originale decisamente diversa da quella della statua portata a Venezia.


IL MOLOSSO

L'ultima scultura, quella a destra, la più piccola, in realtà non rappresentava un leone, ma un cane, un molosso. Pure questa non aveva la testa, ne è stata fatta una a Venezia che riproduceva un leone e gli è stata appiccicata. Negli anni Sessanta, però, è stata studiata, datata intorno al 320 a.C. e ad Atene è stata ritrovata la testa di molosso che gli apparteneva. Con ogni probabilità si trattava di un cane lapideo messo a guardia delle tombe alle pendici occidentali dell'Acropoli. A Venezia esiste un altro originale ellenico all'aperto: il pezzo di colonna che si trova nel giardino della palazzina Briati, oggi sede universitaria, a Dorsoduro. Proviene dal tempio di Poseidone, costruito del 440 a.C., a capo Sunio punta estrema dell'Attica, una settantina di chilometri a sud di Atene. È arrivata a Venezia nel 1826 portata da Amilcare Paulucci delle Roncole, comandante della squadra del Levante della Marina austroveneta. Dopo esser stata depositata nell'Arsenale e montata nell'abitazione di Paulucci, a ca' Erizzo, nel 1862 viene comprata da un ricco commerciante veneziano, Angelo Busetto detto Bubba, che la sistema nel giardino della sua nuova casa, ovvero l'edificio all'Angelo Raffaele un tempo appartenuto al vetraio Giuseppe Briati, nell'omonima fondamenta. Capo Sunio era chiamato dai veneziani capo Colonne proprio per il tempio che lo sovrastava, e la colonna è stata calata dall'alto direttamente nella nave che l'ha poi trasportata in laguna. Nelle immagini dell'edificio dell'antica Grecia si vede chiaramente la mancanza di una delle colonne.

Ultimo aggiornamento: 10:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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