Arrigo Cipriani, Leone del Veneto: «Il lavoro è nel nostro Dna»

Martedì 18 Ottobre 2022 di Alda Vanzan
Arrigo Cipriani

VENEZIA - Come stanno le sue carciofère? «Molto bene, sono piante straordinarie, danno da mangiare tutto l'anno: i carciofi, i gambi, d'inverno i cardi». Si può innovare in cucina? «Basta sapere la tradizione». Le piace il mondo? «Certo, sennò sarei morto». Ecco Arrigo Cipriani, il patròn del leggendario Harry's Bar di Venezia fondato nel 1931 dal padre Giuseppe in calle Vallaresso, nel centro storico lagunare, e dichiarato nel 2001 patrimonio nazionale dal ministero dei Beni culturali. «Sono l'unico uomo al mondo che si chiama come un bar e non viceversa», ama ripetere. È considerato il più famoso ristoratore italiano, l'uomo che ha esportato in tutto il globo il lusso della semplicità e della classe italiana. Al suo attivo ha una dozzina di libri, quasi mai di argomento gastronomico, tradotti in molte lingue. Ha compiuto 90 anni lo scorso 23 aprile e ieri ha ricevuto il più ambito dei premi regionali: il Leone del Veneto. «E io sono veneto, il Dna dei veneti è il lavoro, sono felice e continuo a lavorare. Sa qual è invece un'offesa per i veneti? Il reddito di cittadinanza».
Scuola Grande di San Rocco, Sala Capitolare, sotto il maestoso soffitto del Tintoretto si premia il protagonista di un pezzo di storia della ristorazione che da Venezia si è fatta conoscere in tutto il mondo.

Il premio è il Leone del Veneto, istituito dal consiglio regionale nel 1999 per onorare i cittadini veneti o di origine veneta che si sono particolarmente distinti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia, della finanza e in attività professionali, sociali, umanitarie o sportive. Negli ultimi vent'anni il prestigioso riconoscimento è stato attribuito al patriarca Marco Cè (2002), poi a don Stefano Garzegno (2003), Claudio Scimone e i Solisti Veneti (2005), Mario Moretti Polegato, Marco Paolini, Reggimento Lagunari (2007), la Protezione civile e Renzo Rosso (2009), Andrea Zanzotto (2011), Pierre Cardin (2012), Giovanni Rana (2013), Fondazione Città della Speranza, Pino Donaggio, Medici con l'Africa Cuamm, don Luigi Ciotti (2015), Federico Faggin (2016), Ferdinando Camon (2017), Federica Pellegrini (2020). Ieri è toccato ad Arrigo Cipriani.


GLI OMAGGI
«Un grande veneziano, un veneto famoso», il saluto del Guardian Grando Franco Posocco, che ha fatto gli onori di casa. «Eleganza, signorilità, classe: credo che Arrigo Cipriani sia l'interprete migliore non solo della bellezza e dell'armonia di Venezia ma soprattutto dell'anima autentica di questa città e del nostro Veneto: c'è un garbo squisito nella sua scrittura, nel suo stile raffinato fatto di gusto e savoir faire' anche quando con schiettezza unica esprime commenti perentori e controcorrente, ben sapendo che le mode passano, ma lo stile resta», ha detto il presidente dell'assemblea legislativa, Roberto Ciambetti. «Un mostro sacro, un'icona della nostra terra che ben rappresenta l'identità veneta - ha detto il governatore Luca Zaia -. Arrigo è l'essenza della determinazione, siamo fortunati ad averlo, ci ha fatto fare bella figura nel mondo. È il nostro grande biglietto da visita». Poi, sorridendo, la battuta: «Ma non salirei mai in macchina con lui, Arrigo guida come un forsennato». Oltre a essere cintura nera terzo Dan di karate, Cipriani è infatti appassionato di automobili veloci, l'ultima è una potente Mercedes Amx da oltre 500 cavalli.


LA MOTIVAZIONE
Il conferimento del Leone del Veneto al patròn dell'Harry's Bar ha avuto la seguente motivazione: Spirito libero, ospite raffinato, scrittore sagace, raccolta l'eredità paterna rinnovando la tradizione ha trasformato per sempre l'accoglienza in arte portando nel mondo la vera anima e l'identità di Venezia e del Veneto nel segno della libertà dell'intelligenza e della bellezza.
Cipriani si è raccontato in un video intitolato Due parole. La storia della famiglia, il padre Giuseppe, lo sbarco a New York quarant'anni fa. Poi, intervistato dalla giornalista Milva Andriolli, si è soffermato su alcuni temi. L'accoglienza: «Ai clienti non bisogna mai imporre niente ai clienti, se uno vuole mangiare anche solo un'insalata gli si dà l'insalata e basta». Le posate: «Le abbiamo volute piccole, maneggevoli. Lo stesso vale per i bicchieri, abbiamo quelli che si usavano una volta, non quei calici che ti fanno alzare il gomito per bere». Le invenzioni dell'Harry's Bar, il famoso Carpaccio e l'aperitivo Bellini. Quello che non gli piace: «La guerra. Ma anche i social, con quelli la gente non pensa più». Il suo spiccato senso dell'umorismo: «Serve sempre vedere il ridicolo. Anche nel tragico». E l'omaggio alle donne: «I grandi piatti li hanno inventati loro».

 

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