VENEZIA - «Michele è amareggiato e scosso. Vicende del genere danneggiano tutto il movimento, difficile così convincere i ragazzi a intraprendere un percorso per diventare arbitro». Luca Vian, coordinatore dell'Aia di Portogruaro, commenta così l'episodio di domenica scorsa che ha visto uno dei suoi direttori di gara, il 27enne Michele Falcomer, alle prese con una partita complicata come quella tra Torre di Mosto e Burano. Le contestazioni sono degenerate in ammonizioni per proteste (otto) e quattro espulsioni. Per alcune presunte violenze nei confronti degli arbitri, tre giocatori e un dirigente della società isolana sono stati squalificati dai campi da gioco per un totale di 41 mesi. «In queste ore - continua Vian - sui social ho letto molte sciocchezze. Ci consola sapere che in campo c'era anche la squadra padrona di casa che ha assistito a tutta la scena». Falcomer, nel suo referto finito sulla scrivania del direttore sportivo, ha parlato di testate, sputi, pestoni, una borraccia d'acqua rovesciata in testa, insulti pesanti. «Non è la regola.
CATTIVI ESEMPI
Il problema non è solo il caso in sé per Vian. Il problema è che episodi come questo «si riflettono su tutto il movimento». Non è un segreto: gli arbitri in tutte le 207 sezioni d'Italia soffrono di una crisi di vocazione. E il calcio, così come ogni altro sport, senza un direttore di gara non può andare avanti. Ed effettivamente scene come quelle di domenica non sono il migliore degli spot per chi sta pensando di intraprendere questa carriera. «Io giro per le scuole e dico ai ragazzi che il nostro è uno sport bellissimo - prosegue Vian - che ci permette di stare in mezzo alle persone, di relazionarci, che si fonda sul rispetto e l'applicazione delle regole. Ma mettetevi nei panni dei genitori di questi ragazzini: chi manderebbe un figlio a rischiare di finire in situazioni come quella di domenica? In questo modo si rischia di rovinare un'intera categoria».