Antonio Corradini, lo scultore "di corte" che seppe conquistare Napoli

Lunedì 7 Gennaio 2019
Antonio Corradini ritratto da Matteo Bergamelli
Antonio Corradini (1688-1752) scultore

Anche chi non è mai stato a Napoli conosce la cappella Sansevero almeno per sentito dire: le sue incredibili statue velate talmente perfette nella loro vividezza da sembrare persone pietrificate; ma anche le “macchine anatomiche”, due scheletri scarnificati di uomo e di donna attorno ai quali sono stati ricostruiti i vasi sanguigni e gli organi interni, sulle quali circola da sempre la leggenda nera dell'iniezione di qualche sostanza sconosciuta nelle loro vene mentre erano ancora in vita... La cappella voluta da Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, è uno dei templi mondiali dell'arte barocca (oltre che un luogo esoterico di rara suggestione). E se molti riescono a ricordare come l'artefice di parte di quelle stupefacenti realizzazioni in marmo – scolpite attorno al 1750 – fu lo scultore Antonio Corradini, pochi forse ricordano che l'artista prediletto dal nobile napoletano era veneziano, ed era anzi stato dal 1721 lo scultore ufficiale della Serenissima, realizzando fra l'altro diverse sculture dell'ultimo Bucintoro.

Nato a Venezia il 19 ottobre 1688 (sebbene altre fonti indichino Este come luogo natale) da Bernardo Coradin e Giulia Gatolin, poco si conosce della sua infanzia e della sua formazione; di sicuro sposò Maria, la figlia dello scultore Antonio Tarsia – dalla quale ebbe molti figli – ed è dunque ipotizzabile che si fosse formato alla scuola del suocero. Proprio con Tarsia partecipò nel 1709 alla decorazione della facciata della chiesa di San Stae, per la quale realizzò “il Redentore”, “la Speranza” e “la Fede”, con un velo sugli occhi: le figure velate furono una specialità nella quale divenne maestro; seguì – fra gli altri – il monumento al condottiero della Repubblica di Venezia Johann Matthias von der Schulenberg a Corfù, commissionatogli dallo Stato veneziano. Fu un crescendo che lo portò nel 1721 alla nomina di scultore ufficiale della Serenissima. Assieme alla realizzazione di nuove sculture, soprattutto velate (diverse delle quali oggi disperse), dall'alto del suo incarico istituì il Collegio degli scultori, distinguendo così la categoria da quella degli scalpellini coi quali fino a quel momento aveva costituito un'unica corporazione.

Fu proto ai restauri della Scala dei Giganti e dell'Arco Foscari a Palazzo Ducale, e ancora oggi sopra Porta della Carta si erge una statua della Prudenza realizzata da lui in sostituzione di una uguale opera quattrocentesca allora molto danneggiata. Nel 1722 gli fu affidata la demolizione del vecchio Bucintoro e la decorazione della nuova imbarcazione di Stato (progettata da Stefano Conti) che fu utilizzata fino alla caduta della Repubblica. Ma non fu l'ultimo Bucintoro – finito poi in fiamme – l'opera con cui eternò la sua arte; la sua “firma” più conosciuta furono sempre le donne velate: fra tutte due, scolpite per intero, sono ammirabili al Louvre e a Palazzo Barberini a Roma; un'altra, un busto mirabolante, ha trovato casa a Ca' Rezzonico, museo del Settecento veneziano. La sua fama non poteva rimanere circoscritta alla laguna: nel 1733 – dopo due anni di presenza a Vienna – Antonio Corradini venne nominato scultore di corte da Carlo VI; di quel periodo rimangono le sculture per la tomba di San Giovanni Nepomuceno nel duomo di Praga. Dieci anni più tardi si trovava a Roma, dove si fermò fino al 1747, anno in cui papa Benedetto XIV in persona si recò nella sua bottega per ammirare un Cristo marmoreo “eccellentemente scolpito”.

Ma fu a Napoli che trovò infine la sua dimensione ideale.
Con Raimondo di Sangro scattò infatti un'intesa profonda e immediata: il principe gli affidò l'esecuzione della cappella Sansevero, per la quale scolpì i monumenti a Paolo e Giovan Francesco di Sangro, la statua del “Decoro” (un giovane con i fianchi coperti da una pelle di leone) e la celebre “Pudicizia”, una donna ricoperta da un velo marmoreo trasparente. Antonio Corradini morì improvvisamente il 12 agosto 1752 prima di poter realizzare il “Cristo velato”, del quale realizzò il bozzetto in terracotta e che fu poi affidato a Giuseppe Sanmartino. Sul basamento della Pudicizia sta scritto – in latino – che morì “mentre meditava sugli altri ornamenti di questo tempio”.

 
Ultimo aggiornamento: 15:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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