Morto durante la gara di motocross: Raffaele Mazzola schiacciato dalla moto del padre di Andrea Dovizioso

Venerdì 28 Febbraio 2020
Morto durante la gara di motocross: Raffaele Mazzola schiacciato dalla moto del padre di Andrea Dovizioso
MUSILE DI PIAVE - Raffaele Mazzola è morto non per le conseguenze della caduta dalla sua motocicletta ma perché schiacciato da quella sopraggiunta alle sue spalle condotta da Antonio Dovizioso, padre di Andrea, il noto campione della MotoGP. E’ questa la conclusione della perizia medico legale disposta dalla dott.ssa Silvia Cecchi, il Pubblico Ministero della Procura di Pesaro che sul tragico incidente di gara del 25 maggio 2019, nel crossodromo di Cavallara di Mondavio (Pu), ha aperto un fascicolo per omicidio colposo iscrivendo nel registro degli indagati lo stesso Antonio Dovizioso e due giudici di corsa.

La tragedia si è consumata durante la quarta prova del campionato italiano over 56: Mazzola, 59 anni, residente a Musile di Piave, nel Veneziano, operaio metalmeccanico grande appassionato ed esperto pilota di motocross (gareggiava da quarant’anni), subito dopo il via, nell’affrontare un “salto”, ha perso il controllo della sua Kawasaki ed è caduto in mezzo alla pista finendo per essere travolto con conseguenze letali da un’altra moto, sempre una Kawasaki: quella di Antonio Dovizioso.

La moglie della vittima, Patrizia, e le tre figlie, Elisa, Laura e Anna, erano e sono perfettamente consapevoli che questo sport comporta rischi per quanti lo praticano, ma sanno anche bene che proprio per questo ci sono una serie di regole e misure per tutelare l’incolumità dei piloti: in particolare, con la bandiera gialla indicante un pericolo imminente, come nel caso di un centauro a terra sulla pista, sono vietati “salti” e sorpassi. E il loro desiderio è stato quello di capire se queste regole nella circostanza fossero state rispettate, se la morte del loro caro si potesse evitare, o se si sia trattato solo di una tragica, inevitabile fatalità. Le due donne si sono affidate a Studio3A.



Il prof. Berardi ha anche presentato in tal senso una memoria alla dott.ssa Cecchi la quale, come detto, sul drammatico sinistro ha aperto un fascicolo, inizialmente contro ignoti ma poi, sulla base della visione dei filmati della corsa e delle testimonianze acquisite, anche come atto dovuto per consentire loro di nominare eventuali periti di parte, ha iscritto nel registro degli indagati per il reato di omicidio colposo in concorso tre persone: il “concorrente” Antonio Dovizioso, 65 anni, di Rimini, che “non si arrestava tempestivamente travolgendo con la propria motocicletta il corpo già a terra della vittima”, ritenendo evidentemente che egli non abbia rispettato il segnale di pericolo rappresentato dalla bandiera gialla agitata, come invece hanno fatto altri piloti, rallentando, dopo averla vista, e non “saltando” il dosso, ma anche Luigi Diamantini, 38 anni, di Fano, e Daniel Del Vecchio, 57 anni, pure lui di Fano, in qualità, rispettivamente, di Giudice Ufficiale Esecutivo della gara e di collaboratore di postazione del GUE, i quali hanno sì agitato la bandiera gialla in loro dotazione, ma non subito, “omettendo di segnalare tempestivamente, così come previsto dal regolamento di gara, l’infortunio in atto, e determinando un ritardo, sia pure di pochi secondi, fatale rispetto all’evento verificatosi”.

Il Sostituto Procuratore ha disposto l’autopsia sulla salma della vittima incaricando come proprio consulente medico legale il dott. Manuel Papi: è emerso che che “le lesioni principali responsabili della morte (massivo emoperitoneo, lesioni contusivi e lacerative viscerali, fratture costali, eccetera) si verificavano durante il successivo (alla caduta, ndr) trauma da schiacciamento, allorquando la moto sopraggiunta sormontava il dopo di Mazzola”, risultato peraltro completamente negativo a tutte le analisi tossicologiche.
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