L'alluminio a Porto Marghera, una storia dimenticata di lotte e inquinamento. La ricerca sul campo dell'ex sindaco

Lunedì 8 Maggio 2023 di Elisio Trevisan
L'alluminio a Porto Marghera, una storia dimenticata di lotte e inquinamento. La ricerca sul campo dell'ex sindaco

MARGHERA - Nelle ultime pagine, dove c'è l'appendice, Silvano Checchin pubblica una mappa di Porto Marghera con gli otto stabilimenti che hanno fatto la storia dell'alluminio a Porto Marghera, una storia che per decenni ha costituito il centro di riferimento nazionale del settore e che sarebbe potuta andare in un altro modo, abbandonando le produzioni primarie più inquinanti e sviluppando le lavorazioni a valle di un metallo considerato oggi fondamentale per la transazione ecologica dato che ha straordinarie possibilità di riciclo, ma che è invece morta come quasi tutto il resto della grande zona industriale creata dal conte Giuseppe Volpi nel 1917. Silvano Checchin, impiegato all'Allumino Italia dal 1974 al 1987, sindacalista di base, cattolico di sinistra, amato ex sindaco di Spinea nella stagione delle giunte rosse, ha scritto "L'alluminio a Porto Marghera - Appunti per una storia dimenticata" e, si potrebbe aggiungere, storia di una grande occasione volutamente perduta da privati non lungimiranti e da uno Stato poco accorto. È stato pubblicato dall'editore Cierre e Checchin si è avvalso dell'aiuto di un giovane storico, Alberto Scaggiante che ha aiutato a dare un metodo e una forma a una montagna di materiale raccolto negli archivi degli esecutivi di fabbrica e con le interviste agli ex dipendenti che raccontano come si lavorava e le lotte per difendere non le produzioni vecchie e inquinanti ma il diritto a nuovi stabilimenti moderni e sostenibili.

Il libro verrà presentato mercoledì 10 maggio alle 17:30 nello storico capannone delle assemblee e delle lotte del petrolchimico, che il Comune ha acquistato dall'Eni per un prezzo simbolico: l'entrata è da via Bottenigo lungo la quale si può parcheggiare perché al capannone si accede solo a piedi. La storica Gilda Zazzara nella prefazione dà merito a Checchin di aver raccolto tutto ciò che poteva, assieme ai suoi compagni, di una storia dimenticata e oscurata da quella della chimica.


LA GRANDE OCCASIONE PERDUTA
«Eppure Porto Marghera non fu solo un disastro sociale e ambientale» scrive Checchin nell'introduzione: «Il polo industriale formò migliaia di tecnici e operai, in molte fabbriche c'erano un laboratorio e un centro di ricerca. Le innovazioni servivano a migliorare le condizioni di lavoro e la produzione e a lanciare sul mercato nuovi prodotti. Se vi fossero state lungimiranza e convinzione politica, anziché abbandonare a se stessa l'intera area, sarebbe stato possibile far vivere e rilanciare le principali realtà produttive. Incluse le fabbriche che lavoravano e trasformavano l'alluminio». E invece, morte le fabbriche e abbandonata la maggior parte di Porto Marghera, la città è meno inquinata ma si è impoverita (gli stipendi delle fabbriche sono stati sostituiti da quelli molto più magri del turismo, della grande distribuzione e dei servizi) e il degrado ha preso il sopravvento. Nomi come Sava, Montedison, la svizzera Alusuisse e poi Efim, vale a dire lo Stato con le Partecipazioni Statali oggi non dicono più nulla perché la memoria si è persa. Checchin le ha fatte rivivere nel suo libro, dalla nascita ai fallimenti del progetto di fare di Porto Marghera il polo integrato dell'alluminio d'Italia.
 

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