VENEZIA - «La vicenda drammatica del piccolo Alfie non può lasciarci solo pensosi e tristi. Deve, piuttosto, portare ad una riflessione pacata e che aiuti a maturare una posizione per cui i diritti dei deboli, innanzitutto di un bambino e poi dei due giovani genitori, non siano diritti deboli». Così il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, il quale rileva che «questo bambino, anche grazie ai media, è diventato davvero figlio nostro e figlio del mondo».
«L'Europa - osserva Moraglia - purtroppo, ancora una volta, ci lascia profondamente delusi: si spende per l'euro, le banche, i parametri economici ma sembra continuare a balbettare in altri fondamentali ambiti. L'Italia, concedendo ad Alfie la cittadinanza e offrendo la disponibilità ad accoglierlo e curarlo in alcune nostre strutture ospedaliere d'eccellenza - aggiunge - ancora una volta, come per il salvataggio di migliaia di uomini in mare, ha saputo e soprattutto voluto cantare fuori dal coro».
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«Anche chi non è credente può convenire sul fatto che nessun potere umano (politico) può arrogarsi il diritto di impedire che altri Stati ed istituzioni scientifiche riconosciute come eccellenze si facciano carico del piccolo Alfie ed intervengano in luogo di chi non ha più nulla da dire o da dare. Senza accanimento terapeutico, senza cioè trattamenti sproporzionati, ma anche senza abbandono terapeutico, cioè senza mai venire meno al dovere-diritto di prendersi cura e - conclude il Patriarca - di accompagnare la persona malata e i suoi familiari, veramente disinteressato e non ideologico».
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