Il progettista: «Il Mose proteggerà Venezia da acque alte fino a 3 metri»

L'ingegner Alberto Scotti: "Funziona come l'avevamo pensato"

Giovedì 24 Novembre 2022 di Michele Fullin
L'ing. SCotti
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VENEZIA - Mareggiata con onde alte (al largo) anche sei metri, vento con raffiche superiori ai 100 chilometri orari, acqua sopra un metro e 73 sul livello del mare, con punte in prossimità delle bocche di porto di oltre due metri. Questa volta lo stress test per il Mose c'è stato davvero. A Venezia, non fosse stato per la burrasca durata gran parte della giornata di martedì 22, nessuno si sarebbe accorto che è stata tenuta fuori la terza acqua alta della storia in ordine di altezza. Nei canali, la marea era stata tenuta costante a 70 centimetri, tanto che persino i battelli del servizio pubblico non hanno dovuto fare deviazione del percorso, che solitamente scattano oltre i 90 centimetri e l'unica acqua sul selciato era dolce, quella della pioggia.
L'ingegnere Alberto Scotti, progettista che può essere considerato uno dei padri del Mose, è più che soddisfatto, visto che anche in condizioni meteomarine tra le più difficili le paratoie non si sono scomposte.
«Meglio di così non si può - dice il tecnico - Funziona, funziona bene e funziona facilmente.

Si è messa poi in evidenza una cosa: non è vero che ad ogni chiusura corrisponde un danno al porto. Il porto era chiuso perché a causa del mare formato i piloti non potevano uscire. Martedì, per tutto il tempo la chiusura non ha avuto alcuna conseguenza sulla portualità. Certo, non succede sempre così e poi ci dovrebbe essere la conca».


Eh, la conca di navigazione sbagliata.
«Lo stesso porto che aveva suggerito le misure delle navi che dovevano passarci attraverso adesso dice che sono misure sbagliate. Non è che si possa cambiare ora, è un'opera da centinaia di milioni. Io però sono convinto che fosse un desiderio aumentare le dimensioni delle navi, ma poi la laguna è quella che è e non entrerà niente di più grande. E nel caso in cui arrivasse una nave più grande, sarebbe un evento eccezionale. Che questa nave grande resti bloccata davanti al Mose chiuso è altamente improbabile».


Le polemiche tecniche sull'opera sono dunque superate? La famosa risonanza, con la possibilità che succeda il disastro?
«Mi pare che i protagonisti di quella polemica non si sentano da un po'. È vero che all'epoca della progettazione non c'erano modelli matematici che si prestavano alla simulazione. Ma i modelli fisici che avevamo utilizzato corrispondono esattamente al comportamento delle paratoie nella realtà. Lo stiamo certificando oggi. Di più che vogliamo fare? È chiaro comunque che terremo sotto controllo sempre il fenomeno, ma a livello di studio. Va verità è che il Mose funziona così bene anche da non finito».


Cosa faremo quando il Mose sarà diventato insufficiente?
«Intanto ci salviamo in questo modo. Quando ci saranno 60 cm di eustatismo (l'innalzamento del livello del mare, ndr) molte città dell'Adriatico saranno abbandonate, a partire da Ravenna. Inutile pensare al futuro con l'occhio di oggi, ma Venezia sarà salvata, le altre probabilmente no. Nei prossimi decenni, l'innalzamento del livello del mare sarà un problema di frequenza dei sollevamenti. Il Mose terrà fino a 60 centimetri di eustatismo, quindi con acque alte fino a tre metri e ci darà tutto il tempo di pensare al futuro senza usare gli occhi di oggi. Il Mose può avere un utilizzo molto flessibile. Gli eventi come quello di martedì sono rari, mentre quelli da 5-10 cm di allagamento in città sono molto frequenti. Gli allagamenti inferiori ai 10 cm si contrastano con chiusure differenziate: meno paratoie sollevate o chiusura di una sola bocca. Già la gran parte degli eventi li possiamo risolvere senza chiudere tutto».


E basterà così?
«Poi c'è il rialzo delle rive della città. Sono stati fatti studi per 110 e 120 centimetri. Finora è passata quota 110 per le difese locali, ma nel futuro ci sarà la possibilità di guadagnare altri 10 centimetri».


Il Mose durerà per il tempo previsto?
«Ci mancherebbe altro. E poi è un intervento che consente di farne altri. Senza Mose, non si potrebbe fare nulla. È ovvio che in futuro ci saranno azioni integrative, ma c'è una gestione diversa delle barriere, che abbiamo dimostrato essere facile. All'inizio era stato detto alzo a 130 per consentire al massimo l'operatività del porto. Martedì è stata difesa quota 65 senza problemi. Non dimentichiamo che all'occorrenza le navi possiamo farle passare abbassando solo alcune paratoie e poi rialzandole. È già successo lo scorso inverno e piazza San Marco manco si è accorta. Abbiamo un orizzonte lungo, si possono recuperare 10 o 20 cm con la chiusura differenziata.
Gli ambientalisti chiedevano il restringimento delle bocche di porto e il sollevamento dei fondali. Ecco, le chiusure differenziate sono lo stesso».


Ora sembra una cosa normale, ma quanto è stato complesso progettare il Mose?
«Progettare l'opera è stato difficile, ma quello che è stato più difficile è stato farla approvare».
 

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Ultimo aggiornamento: 25 Novembre, 09:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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