VENEZIA - Il turismo porta ricchezza, ma rischia anche di svuotare le città storiche, di cambiarne i connotati dal punto di vista commerciale, di "drogare" il mercato immobiliare. Perché è indubbio che in tutte le città d'arte si fa prima a trovare un alloggio dove trascorrere una settimana di vacanza che non un appartamento da affittare per viverci. È in questo contesto che si inserisce la proposta di legge statale, illustrata ieri in Seconda commissione del consiglio regionale del Veneto, per regolamentare gli affitti brevi. «È una questione che colpisce Venezia, ma anche Padova e Verona dove dal 2019 al 2022 il numero di posti letto in affitti brevi è raddoppiato, superando il numero di quelli alberghieri», ha spiegato la proponente Elena Ostanel (Veneto che Vogliamo).
IL CONFRONTO
«Siamo già in estremo ritardo, siamo uno dei pochi Stati a non aver legiferato in materia - ha detto Ostanel -.
L'ITER
«In queste zone il Comune inserirà un regime autorizzativo e ogni 5 anni valuterà se mantenere le stesse aree o modificarle - ha detto Ostanel -. Ho inoltre inserito un tempo massimo per le concessioni per affitti brevi e un numero massimo di concessioni per singola persona: non sono ammissibili casi come quello di Firenze in cui 20 host gestiscono 1.100 appartamenti. Si potrà invece proporre sempre la propria casa di residenza per un affitto breve, con un limite di 180 giorni all'anno di affitto». La proposta di legge, una volta licenziata dal consiglio regionale, sarà spedita al Parlamento. E qui il rischio è che si areni. (al.va.)
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