VENEZIA - «Dovrebbe esistere e dovrebbe essere a tutti riconosciuto il sacrosanto diritto di non soffrire. E se non soffrire significa scegliere di morire, ogni persona dovrebbe poterlo fare». Sono nette le parole che usa Giampaolo Lavezzo, volto e voce storica del mondo dei disabili, protagonista a livello veneziano e nazionale di tante battaglie per il riconoscimento di diritti e opportunità per davvero pari, nonostante le difficoltà e le fatiche che una persona può essere costretta ad affrontare ogni giorno.
Adelina: «Uno scandalo non ci sia l'eutanasia in Italia»
«Sono scandalizzato che in Italia non sia possibile chiedere e ottenere l'eutanasia.
Lavezzo specifica il proprio punto di vista: «Naturalmente non è che l'eutanasia dovrebbe essere accordata sempre e comunque senza distinguo. Servono dei criteri di valutazione: parliamo di casi particolari in cui ci sia una malattia irreversibile che espone la persona a una sofferenza eccessiva e non più arginabile. Penso a tante situazioni che anche io ho incontrato e ritengo che dovrebbe essere giusto, per meglio dire normale, riconoscere al singolo la facoltà e la libertà di scegliere. Imporre agli altri una sofferenza non è mai accettabile. È vero che oggi ci sono le cure palliative, ma se da un lato va riconosciuto che ancora non esiste una rete di strutture e servizi all'altezza, dall'altro non ci sono ancora certezze sulla loro piena efficacia. In altre parole, ben vengano, ma non sempre sono sufficienti».
Lavezzo sostiene che, in definitiva, sia una questione di coscienza su cui può giocare un ruolo decisivo il proprio credo religioso: «Un credente può essere convinto che sia sbagliato porre fine a un'esistenza per quanto sofferta e dolorosa, tuttavia in uno Stato laico questa visione di parte non dovrebbe diventare per forza la regola valida per tutti. Credo, e purtroppo temo, che ci sia ancora tanta strada da fare».