Acqua alta, un "mini Mose"
per la Basilica di San Marco

Mercoledì 19 Ottobre 2016 di Paolo Navarro Dina
Acqua alta, un "mini Mose" per la Basilica di San Marco
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VENEZIA - La sfida arriva giusta giusta per il 50. anniversario dell’Aqua Granda, la terribile alluvione su Venezia del 1966. Ed è di quelle che potrebbero lasciare il segno. La Procuratoria di San Marco, l’ente che sovraintende alla Basilica, è pronta. L’idea è affascinante, il progetto c’è già: togliere l’acqua alta dall’area antistante, e dal nartece, chiudendo i tombini, abbattendo il numero di inondazioni che si susseguono, anno dopo anno, e che mettono a rischio le fondamenta e gli antichi ornamenti e i cancelli medioevali, "macinati" dal gioco di acqua dolce e salata della Laguna. 

Così, la Procuratoria guidata dal Primo Procuratore, Carlo Alberto Tesserin, ha dato mandato ad un collega Procuratore, Pierpaolo Campostrini, anche direttore del Corila, un consorzio che si occupa di tutela ambientale lagunare, di elaborare un progetto di difesa della Basilica dalle acque alte "minime". «La quota della pavimentazione - sottolinea Campostrini - all’ingresso della Basilica è la più bassa in tutta la città, attorno ai 70 centimetri sul livello del mare e con punte negative di 65 centimetri. L’area antistante in Piazza e il nartece sono allagati non solo negli episodi di "acqua alta", ma spesso anche in condizioni di "normale marea". Nel solo 2015, si è andati ben oltre le 900 volte sopra i 65 centimetri; sopra gli 80 cm, ben 255 ore e sopra i 110, solo 13 volte. Come dire sulla quota stabilita per l’uso delle paratoie del Mose (110 centimetri) sarebbe proprio poca cosa».

Insomma, l’obiettivo è quella di lasciare definitivamente all’asciutto una Basilica nota nel mondo. Come? «L’idea - spiega Campostrini - è semplice: interrompere l’attuale collegamento idraulico bidirezionale tra il livello dell’acqua del bacino e di nartece che avviene attraverso i canali di scolo delle acque piovane». In pratica, detto in modo grossolano, chiudendo i tombini e impedendo all’acqua di emergere. «Il progetto, per un costo stimato di 2 milioni e mezzo di euro, una volta messo a punto il piano esecutivo, potrebbe essere realizzato nell’arco di un anno, massimo un anno e mezzo, in modo da essere in linea con l’avvio del Mose, previsto nel giugno del 2018 - aggiunge Campostrini - In questo modo potremmo dare un segnale straordinario al Paese e al resto del mondo».
E in un clima di difficoltà economiche, Campostrini non esclude nemmeno la possibilità che vi possa essere un intervento dei privati, veri e propri sponsor disposti all’operazione anche tenuto conto che l’area di Piazza San Marco un tempo doveva essere al centro di un progetto Magistrato alle Acque-Consorzio Venezia Nuova che si è concluso solo in parte lasciando sospesi una serie di interventi nella stessa area marciana. «Siamo pronti a fare una raccolta di fondi internazionale - rivela Campostrini - anche solo per fare le indagini preliminari e affrontare poi il progetto vero e proprio. Nel frattempo, ne ho parlato con il ministro Delrio invitandolo a valutare l’inserimento dei fondi nella prossima Finanziaria 2017. Potrebbe essere un’occasione irripetibile».
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