Fabbriche "verdi", l'Unione europea mette nei guai il Friuli: dall'acciaio all'automotive, ecco i settori a rischio

Giovedì 23 Febbraio 2023 di Marco Agrusti
Transizione verde, l'Ue "inguaia" il Friuli: dall'acciaio all'automotive, ecco i settori a rischio

Deriva tutto dagli accordi di Parigi sul clima del 2015. L’Unione europea ha stabilito una data: il 2050. Sembra un’eternità, ma il tempo scorre. Entro allora i firmatari del patto, tra cui l’Italia, dovranno raggiungere l’obiettivo della cosiddetta neutralità climatica. Zero emissioni, abbandono del carbone, più tutta una serie di altri accorgimenti per salvare il pianeta. Intenti nobili, poi però c’è la realtà. E con lei migliaia di posti di lavoro che solo nella nostra regione potrebbero diventare improvvisamente a rischio proprio a causa della transizione verso un mondo a zero emissioni. L’allarme arriva direttamente dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: il Friuli Venezia Giulia è tra le 41 regioni dell’Unione europea più vulnerabili di fronte alla transizione verso un’economia “verde”.

La prima in Italia.


I DETTAGLI
Che cosa intende l’Ocse quando mette il Friuli Venezia Giulia al primo posto in Italia come territorio a rischio se si parla di neutralità climatica? Per essere schietti, l’allarme si riferisce ai posti di lavoro che si potrebbero perdere se l’industria del nostro territorio dovesse svoltare - accelerando - verso un’economia indipendente dai combustibili fossili. Secondo lo studio intitolato “Transizioni industriali regionali verso la neutralità climaticà, le regioni più esposte, da un punto di vista socio-economico, sono particolarmente vulnerabili rispetto al resto dell’Ue «e potrebbero richiedere la massima attenzione da parte delle politiche sul tema. In queste regioni infatti - conclude il rapporto -, i lavoratori e le imprese possono essere più esposti, ad esempio a causa di lavori poco qualificati, del tipo di contratto di lavoro o della bassa produttività e presentano un rischio di povertà relativa più elevato».


I SETTORI
Perché saremmo più a rischio rispetto ad altri territori? A contare in questo caso è la profonda vocazione manifatturiera del tessuto industriale del Friuli Venezia Giulia. Con un focus sul settore dell’acciaio, che proprio in regione vive sulle spalle di alcuni giganti di caratura mondiale. Se la transizione energetica dovesse accelerare, proprio le industrie più “pesanti” del Friuli Venezia Giulia potrebbero rappresentare la punta della sofferenza. Da un lato dovrebbero spendere per investire in tecnologia, sostenendo un surplus di costi; dall’altro vedrebbero ridursi gli spazi di mercato internazionali, con conseguenze potenzialmente gravose per quanto riguarda l’occupazione. 
La seconda grande branca dell’economia regionale è quella dell’automotive, cioè quel settore che funziona a supporto del mercato mondiale dell’auto e dei colossi - nel nostro caso soprattutto tedeschi - che ancora oggi si basano sul motore termico per alimentare i veicoli. Si pensi ad esempio a una realtà come la Brovedani di San Vito al Tagliamento, che realizza componenti per i motori diesel o benzina. Aziende, queste, che dovranno reinventarsi per mantenere quote di mercato e dipendenti. Un altro problema potrebbe toccare il settore del packaging, cioè degli imballaggi: le direttive infatti parlano apertamente della necessità di ridurre proprio gli imballaggi quasi allo zero. Meno contraccolpi, invece, per quanto riguarda il comparto degli elettrodomestici, che in Friuli Venezia Giulia è rappresentato dal colosso Electrolux, simbolo del Pordenonese. 

Ultimo aggiornamento: 17:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci