Le tombe dei giganti: l'enigma dei sepolcri scavati nella roccia viva

Venerdì 20 Luglio 2018 di Paola Treppo
Le misteriose tombe scavate nella roccia a Lauco

LAUCO (Udine) - Ha festeggiato mille anni di fondazione, il Comune di Lauco, nel 2016. Da quel giorno l’amministrazione municipale ha deciso avviare un progetto per scoprire le origini antiche di questo piccolo paese della Carnia, già noto per i misteriosi miracoli del santuario di Trava, riti cristiani documentati capaci di ridare vita ai bambini nati morti, per il solo tempo d’impartire il sacramento del battesimo.

Dove vita e morte si intrecciano
Vita e morte da sempre si intrecciano a Lauco, dove si tramanda anche la tradizione della suggestiva processione della Via Crucis, con la gente dei borghi che la interpreta, prima di Pasqua. Settecento anime, l’altopiano di Lauco è per certo stato abitato fin dalla preistoria, per la sua posizione protetta, nascosta, difficilmente attaccabile e, al contempo, ideale punto di osservazione sulle vallate sottostanti.

Un luogo imprendibile
Un luogo misterioso, ancora oggi, per la presenza, in due punti del paese, di grandi sarcofagi rupestri: sono tombe scavate nella roccia viva di cui si sa poco, a eccezione di una ricerca fatta parecchio tempo fa, quasi introvabile, eseguita non da friulani ma dall’università slovena di Lubiana, dal professor Vinko Šriban. Da queste necropoli, dalla loro valorizzazione, per il recupero della storia locale e per la promozione del turismo sull’altipiano, è partito un progetto del Comune, in collaborazione e col fattivo supporto della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia.

Le due necropoli
Le due aree delle tombe rupestri, una sulla strada, una a ridosso di una borgata abitata, sono state pulite ed è stato sistemato un cartello che riporta le poche indicazioni note scritte e raccolte nei decenni da studiosi, appassionati e storici locali. Le sepolture scavate nella roccia viva sono state censite ma la gente del posto, e non è una voce, racconta del ritrovamento di questi sarcofagi giganti anche nei cortili delle case, nelle fondamenta degli edifici, negli orti. Sono ancora lì.

Chi le ha realizzate? Mistero 
Il territorio di Lauco, insomma, è tutto da studiare e indagare. Chi ha realizzato con tanta maestria queste tombe? Non è chiaro. Alfredo Lazzarini, nel febbraio del 1900, nel libro “Gli avanzi preromani di Lauco”, faceva risalire le tombe rupestri, allora tre, all’epoca preromana. Alcune erano piene di ossa, poi violate. E vicino alle spoglie dei corpi seppelliti nella roccia, Lazzarini scrive che erano stati rinvenuti reperti di ferro che sembravano “frammenti di antiche lame, corrose dalla ruggine, e un piccolo pezzo di quarzite trafilato a losanga, scheggiato e appuntito”.

I Pagans
Gli abitanti del posto, che hanno raccolto la memoria dei loro avi, fanno risalire le sepolture ai “Gans”, o “Pagans”, cioè ai pagani, popolazioni antiche, probabilmente non cristianizzate. E sempre la stessa gente di questo suggestivo altipiano riporta la memoria di una “Cjase dai Gans”, la “Casa dei pagani” che altro non era se non una cavità naturale vicino al torrente Radina: all’interno di questa sorta di grotta si trovava una sporgenza incavata, a “scodella” che con la sua superficie liscia ricordava un’acquasantiera.

Genti primitive
Forse, ma è solo un’ipotesi, serviva alla conservazione del sale, bene preziosissimo. Altra fonte quella di Luigi Gortani che riprende un testo ancora più vecchio, del 1893, “Al Marcjat di Vile”, cioè “Al Mercato di Villa” riferito al vicino comune di Villa Santina, a valle. Il volume racconta di una storia ancora più misteriosa: “Queste tombe testimoniano come i Gans fossero genti primitive, le cui sepolture sono ancora intatte”.

Si affilavano le unghie sui sassi
Poi storia si mescola, forse, alla leggenda: ancora al tempo, a fine 1800, i Pagans si facevano scorgere mentre si affilavano le unghie sui sassi e l’ultimo che rimase di quella misteriosa dinastia fu ucciso nella località di Lauco che si chiama Cjaulins; ucciso sebbene fosse “di grandi dimensioni, sospettoso e guardingo, con la forza di un leone”.

L'assassinio del Gan
Era stato attirato con l’inganno: gli era stato chiesto aiuto per abbattere una quercia e mentre aveva infilato le sue grinfie nel tronco, nella tacca preparata dai boscaioli, gli avevano tolto il cuneo. Il gan, allora, prigioniero con una volpe finita nella tagliola, non ebbe scampo e fu ucciso. C’è poi la ricerca dell’Università di Lubiana che, tra le altre informazioni, descrive il rinvenimento di tre tombe a incinerazione che appartengono al periodo di La Tène, quindi all’Età del Ferro, al secondo secolo avanti Cristo.

L’altopiano di Lauco, insomma, non è mai stato studiato sistematicamente: le sue vicende antiche sono avvolta nel mistero e solo ora, grazie ad alcune indagini mirate potrà, forse, svelare parte della sua incredibile storia. Intanto, i due siti puliti e segnalati possono essere visitati, da soli o chiedendo aiuto al Comune. Le tombe rupestri al limitare della strada si affacciano direttamente sulla vallata sottostante, scavate in un punto panoramico, di osservazione. Sono meno di una decina.

Le migrazione celtiche in Carnia
L’altra necropoli di roccia, invece, richiede un breve cammino lungo un sentiero: la pietra affiora con tutta la sua forza e scompare, poi, sotto uno strato di terra: di certo un ulteriore scavo porterà a ritrovare altri sarcofagi dei “Gans”, gli avi della comunità di Lauco che, di questi siti sacri, è gelosissima. Non c’è, a oggi, nessun piccolo libro né una brochure che racconti la loro storia, in ogni caso strettamente legata alla migrazione celtiche in Carnia. Va citato, infine, uno studio, l’ennesimo, del Centro regionale Fvg di catalogazione, del 1989, che colloca le tombe, questa volta, al 400 dopo Cristo. Le sepolture scavate nella roccia viva continuano a rappresentano ancora un vero enigma.

La spada piegata 
Gli scavi e i ritrovamenti passati di reperti antichi fatti a Lauco, pochi, per la verità, sono conservati nel piccolo Museo di Zuglio: tra questi c’è una spada piegata ritualmente e il suo fodero. Era d’uso, infatti, alla morte del guerriero, del soldato, piegare la sua arma. Era un simbolo: con la morte della carne era finita l’era del sangue e della lotta e s’entrava entrare in una dimensione diversa, sottile, quella oltre la vita terrena.

Sempre nello steso museo, provenienti dall’altopiano di Lauco, sono in mostra cuspidi di lancia e una spada di ferro di tipo La Tène, consegnati nel 1993 alla Soprintendenza da cittadini privati. Sono reperti di grande importanza, rari, che mettono in rete Lauco con Raveo e Verzegnis, sempre in Carnia, dove sono stati documentati negli ultimi anni, tramite gli scavi archeologici, siti di frequentazione celtica, con rinvenimenti di armi di questo grande popolo.

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