Lo scoppio di Sant'Osvaldo, una tragedia con tanti segreti

Martedì 22 Giugno 2021 di Paolo Cautero
Lo scoppio di Sant'Osvaldo del 1917

UDINE A ricordare quell'immante tragedia, adesso, c'è l'area verde urbana ricavata all'incrocio fra le vie Castions di Strada e Zugliano dedicata alle Vittime dello scoppio di Sant'Osvaldo. I giochi installati che la caratterizzano richiamano i bambini che, con le loro voci, ravvivano l'aria. Ma i cupi riflessi di quanto avvenuto a Udine oltre un secolo fa non sono svaniti.


Il fatto. Poco prima di mezzogiorno del 27 agosto 1917, nel pieno del primo conflitto mondiale con la città avamposto delle operazioni belliche - tanto da meritarsi il triste appellativo di capitale della guerra - il suo quartiere di Sant'Osvaldo venne sconvolto dallo scoppio di alcune polveriere attive nella zona.

In particolare ne risultava una, della Seconda Armata, ricavata in una nuova scuola sorta in prossimità di quello che era il manicomio (trasformato per l'occasione in ospedale militare: allora in città ne funzionavano addirittura 18). Tante tonnellate di esplosivo saltate per aria proiettili, tubi di gelatina, bombe a mano - con un susseguirsi di esplosioni anche durante i giorni seguenti. Il loro prodotto furono una quarantina di morti (ma c'è chi azzarda cifra doppia) e 300 feriti fra militari e civili, con danni incalcolabili non solo nel rione. ma nell'intera città e perfino in località distanti diversi chilometri. Quindi, in conseguenza delle devastazioni, alcune migliaia di sfollati furono costretti a sbaraccare e spostarsi altrove.


Sono sempre rimaste sconosciute e nascoste le cause - segreto militare - per cui non è mai stato dato sapere se le esplosioni fossero dovute a sabotaggio o bombardamento aereo nemico (un velivolo era stato avvistato in quel momento) oppure alla scarsa cura nel depositare il delicato materiale e nella sua sorveglianza.
Ma la tragedia resta, con tutto il carico di dolori, oggetto di celebrazioni e commemorazioni alternatesi nel tempo. Ed è appena diventata anche oggetto di un libro. Lo ha realizzato lo storico Gaetano Vinciguerra alla guida di una squadra di ricercatori, opera presentata nell'oratorio parrocchiale di Sant'Osvaldo e che il sindaco Pietro Fontanini partecipante all'appuntamento ha definito «libro ben fatto, documentato, scrupoloso». Sono 167 pagine corredate da 60 foto e da tante testimonianze raccolte.


Molti gli interrogativi che vengono posti. Come, ad esempio, perché il materiale bellico (con l'aggiunta di depositi di elementi infiammabili, tipo benzina e foraggi) fosse lasciato in mezzo a tante abitazioni, anche se al tempo Sant'Osvaldo non era il centro urbano affollato che si presenta attualmente, bensì una realtà agricola. Le due adiacenti linee ferroviarie - rispettivamente verso Venezia e San Giorgio di Nogaro -, comode per effettuare trasporti, possono essere una spiegazione. Certo è che dalle autorità militari ci si è preoccupati di tenere nascosti al massimo tanti risvolti: per alcuni giorni della notizia non ne diede comunicazione alcun giornale nazionale. Anche se, successivamente, sono state conferite ben 109 medaglie al valore a medici, sanitari, soccorritori, anche deceduti. Un mistero. Ma rimane una grande tragedia sostanzialmente celata per oltre cento anni e che invece è indelebile nella storia della città e degli udinesi. Lo scoppio di Sant'Osvaldo è edito da Gaspari.
 

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