Porzus, pace tra le 2 fazioni di partigiani dopo settantadue anni

Domenica 5 Febbraio 2017 di Walter Tomada
Porzus, pace tra le 2 fazioni di partigiani dopo settantadue anni
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UDINE - C’è la neve sui monti, ma alle malghe di Porzûs è finalmente arrivato il disgelo. 72 anni dopo l’eccidio di 17 partigiani della Brigata Osoppo trucidati dai Gap comunisti di Mario Toffanin “Giacca”, tra le due anime della Resistenza friulana è scoppiata la faticosa pace.

L’ora della riconciliazione sembra scoccata anche sul confine orientale, dove il sangue di combattenti come Francesco De Gregori (zio dell’omonimo cantautore) e Guido Pasolini (fratello di Pier Paolo) ha macchiato la lotta di liberazione e lacerato profondamente il legame tra fazzoletti rossi e verdi. Fino alla caduta del Muro, la vicenda fu a lungo sottaciuta: ma nel 1997 venne portata alla ribalta cinematografica da Renzo Martinelli con un discusso film che sbarcò alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2001 la svolta, dettata dai grandi vecchi delle due fazioni: il cappellano della “Osoppo” Redento Bello e il comandante della “Garibaldi” Vanni Padoan esortarono i fazzoletti rossi e verdi a deporre l’ascia di guerra. A raccogliere il loro testimone fu nel 2012 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che arrivò a Faedis per dimostrare che l’Italia intera attendeva da Porzûs un segnale di riconciliazione.

E ieri i loro auspici si sono trasformati in realtà: per la prima volta, alla cerimonia commemorativa organizzata ogni anno dall’Associazione Partigiani Osoppo (Apo) c’era anche l’Anpi, che finora quassù aveva sempre marcato visita. Il momento è stato sancito da una presenza istituzionale forte: rappresentati il Governo (col Sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi, il prefetto Vittorio Zappalorto), la Regione (con la presidente Debora Serracchiani, l’assessore Cristiano Shaurli, il presidente del consiglio Franco Iacop), la Provincia (col presidente Pietro Fontanini), e la Federazione Italiana Volontari della Libertà (col presidente Francesco Tessarolo). Tutti a celebrare gli ultimi “reduci” che testimoniano ancor oggi col fazzoletto verde al collo cosa vuol dire “Resistenza”: i friulani Fioravante Bucco, classe 1921, e Bruno Moretti (1926) e il veneziano, ora trapiantato a Treviso, Guido Ravenna (1927).

Riconoscimento anche alla memoria di Alessandro Dorigo, mancato da pochi mesi: era del 1922. Del 1923 è invece la Medaglia d’Oro Paola Del Din, che ha invitato tutti a riflettere: “siete all’altezza della libertà che vi è stata regalata da martiri come quelli di Porzûs?”. Rossi ha raccolto l’invito con un ricordo familiare: “I parenti di mio padre morirono a Civitella, quelli di mia madre istriana nelle foibe. Ma i miei non mi hanno mai instillato rancore: hanno sempre parlato di futuro”. Per custodire la democrazia nata su quei monti, serve quindi trasmetterne i valori alle generazioni future. Per questo le Malghe, uno degli ultimi santuari di un “passato che non passa”, monumento alle lacerazioni di due inconciliabili modi di intendere la resistenza, dal 20 gennaio sono “bene di interesse storico-culturale”, come ha ricordato la presidente Serracchiani. A gestirle sarà l’Apo, che con le istituzioni e le scuole ne farà un testimone parlante e non più muto di quella che fu la pagina più nera della Resistenza, e non solo di quella friulana.
Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 08:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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