Nordest da scoprire. Viaggio fra i paesi fantasma della Val Dogna

Giovedì 12 Settembre 2019 di Maurizio Bait
Nordest da scoprire. Viaggio fra i paesi fantasma della Val Dogna
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D'estate, soltanto d'estate la vita degli uomini rianima questi magri grappoli di case antiche in Val Dogna. I vecchi se ne sono andati da un pezzo, vinti dalla stanchezza, consumati dalla resistenza alla solitudine. Nuove famiglie hanno comprato e ristrutturato qualche stavolo, ossia l'arcaica costruzione alpestre fatta di baita, stalla e fienile ai margini dei pascoli. Nessuno falcia più i prati alti, non muggiscono le vacche quassù dove i cervi, gli orsi e i lupi hanno ripreso quartiere nei territori della foresta mentre nei vecchi cortili giocano e urlano in vacanza nuovi bambini che cresceranno altrove. Val Dogna. Un degradare del torrente e delle anime verso il Fella, incontro alla civiltà e al lavoro promessi dalla non remota piana friulana. Ma quassù tutto è silenzio: su ogni cosa troneggia il Montasio, re delle Alpi Giulie occidentali cantato dal pioniere e poeta Julius Jugy. Da questa parte mostra il superbo fianco Ovest dove si sviluppano itinerari alpinistici estenuanti e temerari alla vetta come la via delle Clapadorie o la via Kugy-Horn.
 
E qui sopra, quasi in disparte per non dispiacere al sovrano, si eleva selvaggio il Gruppo del Cimone, dove si nasconde un intreccio d'imprese ormai dimenticate compiute senza l'ausilio di chiodi da quel cavaliere dell'etica dell'arrampicata che fu Vladimiro Dougan. Fu un fortissimo scalatore triestino, Kugy lo definì il proprio principe ereditario. Ebbe l'unica colpa di vivere le proprie imprese negli stessi anni dell'astro nascente del nuovo stile: Emilio Comici.

BORGATE
Quanta storia e quanto silenzio, in Val Dogna! Le frazioni recano nomi arcani e talora impronunciabili che si perdono nei secoli: Chiutzuquìn, Chiout, Mincigos. L'ultimo residente è stato Tranquillo, che così era di nome e di fatto, uno scapolo pensionato delle Ferrovie che per decenni ha girato su e giù per la vecchia strada di guerra della piccola valle con una Seicento scassata che però resisteva al pari di lui. Il tempo però lo ha indotto a scendere a Moggio, alla casa di riposo, dove qualche anno fa è andato a sparire per sempre.

Tranquillo teneva la sua piccola casa di Chiutzuquìn come uno specchio, lucidava perfino gli anelli concentrici dello spolèrt, la cucina a legna. E il caffè cucinato su quel fuoco rivelava fra minute volute di fumo un sapore avvolgente che non si dimentica. La sua solitudine era mitigata dalla frequentazione di diversi amici come il leggendario Severino Della Mea, che per mezzo secolo tenne la gestione del Rifugio Grego oltre la sella di Somdogna, al confine con il territorio di Valbruna.

LA FRANA
Quest'anno, subito a monte di Mincigos, una frana più cattiva delle altre si è staccata dai Due Pizzi ed è precipitata rabbiosa sulla strada, bloccando con un Danubio di pietre e ghiaia l'unico collegamento con il Plan dei Spadovai, il minuto insediamento turistico con due attività agrituristiche nei luoghi sacri della Grande guerra, proprio sotto il Montasio.

Già, la guerra. Questi silenzi riportano nel vento i clamori di quella tragedia: di là i giovani Fucilieri volontari della Carinzia, parecchi proprio di Valbruna, Camporosso, Tarvisio, Malborghetto, Ugovizza. Difendevano le loro case. Di qua gli Alpini delle valli friulane a cominciare dalla Raccolana che dalla contigua Chiusaforte conduce a Sella Nevea nel grembo del Canin. Difendevano le loro case. In più di un'evenienza si conoscevano, fra nuova inimicizia di guerra e vecchia amicizia del tempo di pace. La storia minuta delle genti riporta diversi episodi di fratellanza oltre le uniformi e non soltanto fra alpinisti - anche in quei terribili giorni.

IL CAPITANO
Sopra il Plan dei Spadovai operava la 97. Compagnia degli Alpini del Battaglione Gemona, detta la Compagnia dei Briganti. La comandava un mito vivente: il capitano Carlo Mazzoli da Cesena. Costui presentava una lunga capigliatura ribelle che gli valse il nomignolo di scjavelât (capellone) e di solito non portava il cappello con la penna nera. Vantava un'espressa dispensa del re. Spirito anarchico in una tempra fieramente patriottica, era nipote da parte di madre di quel Felice Orsini che attentò alla vita di Napoleone III con un ordigno rudimentale di propria fabbricazione: per l'appunto la bomba Orsini.

L'EROE
Mazzoli, l'eroe dei suoi soldati, utilizzava cani appositamente addestrati per recare messaggi, viveri e munizioni mediante particolari carretti alle postazioni avanzate lungo il Costone Pecceit. Fu ferito gravemente nel luglio del 1916 in una battaglia feroce d'alta quota, ma guarì e tornò nel suo covo sotto la cima dello Jof di Miezegnot o Mezzanotte, dove il suo ricovero in pietra fu ribattezzato Villa Bucintoro e dove salì a dir Messa anche padre Agostino Gemelli. Oggi la Villa è un bivacco del Cai.

Tutto è memoria, ogni cosa è passata in questa foresta. In questi casi lo scrittore austriaco Peter Handke parla di luoghi della Dauer, la Durata, nella sua unica opera poetica, per l'appunto il Canto alla Durata.

VERSO L'AUTUNNO
Da qualche giorno la Protezione civile ha riaperto la strada dopo aver disgaggiato i pietroni ancora pericolanti a monte. Così i vacanzieri hanno ripreso a serpeggiare in Val Dogna fin su alla sella. Ma fra poco riapriranno le scuole e i bambini torneranno in città. Sprangate porte e finestre alle seconde case che furono avamposti dell'umanità sotto il Gigante di roccia, la Montagna resterà nuovamente sola.

Anche con la neve e il ghiaccio, il solo Giovanin Compassi seguiterà a salire la strada militare fino al suo agriturismo al Plan dei Spadovai. Per controllare, assicura. Ma Giovanin sale per respirare la vera vita nei suoi boschi e sotto il Montasio. Sì, resta ancora lui, che alla sua veneranda età gira sempre con lucidatissimi scarponi di cuoio vecchia maniera. Resta lui a raccontare le storie di una volta. A solcare con gli occhi di un lupo le pareti e gli anfratti che lo videro diventare uomo.

LA CENGIA ANTICA
Dall'altra parte, ormai impraticabile, partiva dal fondovalle un antichissimo tracciato della sopravvivenza: la Semide dei Agnei o Cengia degli Agnelli. Serviva a condurre le greggi fin oltre le creste sui pascoli alti ma necessari che incombevano, a Sud, sopra la Val Raccolana. Ponticelli, muretti, scalini scavati nella pietra e tratti particolarmente esposti sullo Sfonderàt (l'abisso senza fondo sul versante Nord del Cimone) scandivano quei passi plurisecolari. Già quando Miro Dougan se ne interessò, fra gli anni Venti e Trenta, parecchi di tali manufatti erano caduti in rovina o del tutto scomparsi.

Il tempo macina e frantuma ogni memoria fra le tante borgate fantasma di queste Alpi. Come la immaginifica eppure così autentica Ainielle, che lo scrittore spagnolo Julio Llamazares descrive in un'alta vallata pirenaica fra le pagine del romanzo La pioggia gialla, straordinario soliloquio degli addii. Piange la montagna la sua perduta innocenza, come cantava il poeta russo Sergej Alexandrovic Esenin. Ma fra queste mura sbrecciate ancor più calde sono le lacrime della sua perduta umanità.
Maurizio Bait
Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 11:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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