Non apriva la bocca fin da bambino,mandibola "fusa": operato per 12 ore

Mercoledì 4 Dicembre 2019 di Camilla De Mori
Non apriva la bocca fin da bambino,mandibola "fusa": operato per 12 ore
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UDINE - Aveva la mandibola ormai fusa con la base del cranio e non riusciva ad aprire la bocca da anni, per le conseguenze di un trauma riportato da bambino. Ma un intervento di dodici ore all'ospedale di Udine eseguito dall'équipe di chirurgia Maxillofacciale e un canale umanitario attivato fra Kosovo e Friuli, anche grazie al contributo dell'associazione Sos infanzia nel mondo onlus, sono riusciti a ridargli il sorriso, grazie ad un lavoro di squadra che ha sposato la solidarietà alla chirurgia d'eccellenza.
La storia è quella di un giovane kosovaro, che da un po' ha superato i vent'anni e che «da diversi anni» era costretto a convivere con un'anchilosi bilaterale delle articolazioni temporo-mandibolari che gli impediva di aprire la bocca. «Il mio aiuto, Salvatore Sembronio - spiega il professor Massimo Robiony, che dirige la Chirurgia maxillofacciale all'ospedale di Udine e che ha seguito passo passo l'operazione - era in contatto con suor Giuliana, che si era presa cura del ragazzo fin da bambino in Kosovo e che gli ha parlato del caso. Ad ottobre il paziente è riuscito ad ottenere il visto per le cure mediche. Lo abbiamo visitato a Udine, abbiamo visto le Tac e abbiamo fatto la diagnosi. Alle spalle, il ragazzo aveva una storia incredibile di interventi fatti per venire fuori da questa situazione, che era l'esito di un grave trauma che, da piccolino, gli aveva provocato delle fratture facciali. Era stato operato anche in altri centri italiani». Ma non aveva risolto il suo problema.
L'INTERVENTO «Aveva la completa fusione della mandibola con la base cranica - spiega Robiony -. Per mangiare, si era sviluppato un piccolo morso anteriore da cui con la lingua riusciva a deglutire, ma era una situazione pericolosa anche per la sua vita. C'è stata una vera mobilitazione anche dell'azienda Santa Maria della Misericordia, che ha messo a disposizione gli uffici amministrativi». Perché gestire un paziente fra Udine e il Kosovo (che non è Ue) non è uno scherzo, visto che serve un visto non facile da ottenere: cruciale anche il ruolo giocato da suor Giuliana e dalla onlus. «Siamo riusciti a sottoporlo al delicato intervento presso la nostra struttura. Ci sono solo due centri in Italia, oltre a Udine, in grado di eseguirlo, perché richiede un'organizzazione particolarmente complessa», spiega Robiony. «Nel nostro centro specializzato abbiamo fatto una simulazione in realtà virtuale per capire come si doveva operare, dove c'erano le arterie, le vene e i nervi pericolosi. Abbiamo coinvolto il dottor Massimo Sponza per la radiologia interventistica, che ha chiuso i vasi che si trovavano attorno alla zona da asportare. Il primario di anestesia Flavio Bassi ha eseguito una tracheotomia mini-invasiva con fibroendoscopia per cercare di ridurre al minimo gli effetti. È stato un intervento molto complesso, studiato a tavolino, su misura per il paziente: una chirurgia oserei dire sartoriale». Sono state studiate delle protesi su misura per lui, calcolate al millimetro. E oggi può parlare, bere, sorridere come tutti. «Siamo felicissimi. Prima, la sua vita di relazione era difficile», dice il medico.
L'assessore regionale alla Salute Riccardo Riccardi ha parlato di «una storia di successo che dimostra come il nostro sistema sanitario riesca ad offrire una qualità di livello internazionale, riuscendo a risolvere casi di estrema complessità. I miei complimenti all'équipe e a tutti quelli che hanno seguito questo caso, un vero esempio di collaborazione tra sistema salute, istituzioni e volontariato». Ora il giovane paziente per almeno un anno sarà seguito in follow up dallo staff udinese di Robiony. Del suo caso si parlerà anche ad un convegno organizzato dall'Azienda ospedaliero-universitaria di Udine e dall'ateneo friulano in programma il 7 ottobre a Tavagnacco, con esperti statunitensi e italiani.

 
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