UDINE - Ricoverato in ospedale a Udine per essere curato per un tumore, muore dopo poco meno di un mese, dopo aver scoperto di aver contratto una polmonite da legionella. Il caso è stato segnalato all'Associazione Diritti del malato presieduta da Anna Agrizzi, cui si sono rivolti i familiari dell'uomo chiedendo che venisse fatta «chiarezza su come, nel 2022, in un reparto come quello di Oncologia che per definizione dovrebbe essere uno degli ambienti più protetti e sicuri per i degenti, sia stato possibile contrarre tale infezione», come si legge nella segnalazione presentata al sodalizio.
LA STORIA
La risposta, a quanto fa sapere l'associazione, è arrivata a giugno, ma la vicenda risale a gennaio-febbraio. A quanto riferito dalla famiglia al sodalizio, l'uomo era stato ricoverato in Medicina d'urgenza il 17 gennaio e quindi era stato trasferito in Oncologia il 18. Dopo gli accertamenti per identificare il tipo di tumore, i familiari erano stati informati che sarebbe iniziata la radioterapia alla testa e quindi i cicli di chemio. Dopo le prime sedute, il 4 febbraio avrebbe dovuto essere dimesso per riprendere il ciclo di radioterapia il 7, ma il precipitarsi degli eventi ha stravolto le previsioni. A quanto segnalato dalla famiglia, infatti, «il 5 febbraio era stata riscontrata la presenza di febbre». Il 6 era stato comunicato che il suo stato di salute «era improvvisamente peggiorato» e che dalle analisi «risultava chiaramente che aveva contratto una polmonite». A causa dell'edema polmonare per i familiari era difficile comunicare con il loro caro. Le sedute di radioterapia erano state sospese. Il 7 febbraio, sempre secondo la ricostruzione della famiglia, i medici avevano informato i congiunti che la polmonite contratta dal loro caro sarebbe stata da legionella. «Alle nostre domande riguardo a come fosse stato possibile che ad un paziente in condizioni così fragili e ricoverato in un reparto così delicato fosse potuta accadere una cosa del genere ci era stata data una risposta vaga e insufficiente», avevano rilevato i familiari scrivendo la segnalazione all'associazione. Le condizioni del malato erano peggiorate e il 12 febbraio era morto.
L'AZIENDA
Nella risposta della Struttura Comunicazione dell'AsuFc si precisa che «gli interventi di prevenzione atti a evitare la proliferazione di Legionella pneumophia negli impianti di acqua calda sanitaria e di acqua fredda sono attivi da decenni». Inoltre, si legge, nel 2021 il Servizio di prevenzione e prevenzione aziendale ha predisposto un aggiornamento della valutazione dei rischi con un documento che «contempla indagini microbiologiche su un numero consistente di pazienti terminali che nelle degenze emato-oncologiche» «vengono effettuati con frequenza aumentata». Inoltre, «periodicamente vengono verificate le condizioni di funzionamento e di manutenzione della rete idrica» e «aeraulica. Tuttavia, a differenza di eventi epidemici o cluster di legionellosi, per i quali risulta pressocché sempre evidente una fonte limitata nello spazio e nel tempo, in molte situazioni è difficile trovare una fonte ambientale chiara, soprattutto in presenza di casi sporadici, poiché il germe è ubiquitario nell'ambiente».
Il referente nella risposta ribadisce «che l'obiettivo delle misure di prevenzione è quello di minimizzare il rischio di contaminazione attraverso gli interventi adeguati descritti nelle linee guida nazionali e internazionali» ma evidenzia che «anche se tali azioni, sebbene rigorosamente attuate da parte delle strutture competenti, come di fatto è avvenuto, possano limitarne l'insorgenza, non possono ridurne a zero il rischio».