TOLMEZZO - Nuovo caso di aggressione ai danni del personale medico e sanitario in servizio negli ospedali friulani. Stavolta protagonista un medico che lavora al pronto soccorso del “Sant’Antonio Abate” di Tolmezzo. Fortunatamente non si è arrivati alla violenza fisica ma nella sala d’attesa del nosocomio carnico sono volate minacce, accuse e insulti. Protagonista un parente di una paziente accolto nella struttura.
L’UOMO IN FUGA
Si tratta di un italiano che si è dato alla fuga prima dell’arrivo dei militari dell’arma del nucleo radiomobile della compagnia di Tolmezzo. Il verbale e le dichiarazioni dei testimoni verranno trasmessi comunque alla Procura. Tra l’altro l’ospedale carnico dovrebbe essere prossimo a veder attivato il protocollo per la sicurezza di medici e sanitari, promosso in prefettura a Udine nel marzo scorso, alla luce della aggressione avvenuta nei mesi scorsi nei confronti di due professioniste in servizio al “Gervasutta”. Il dispositivo è stato pensato e realizzato grazie a un importante contributo economico della Regione Friuli Venezia Giulia, con il quale è stato anche finanziato il rafforzamento del sistema di videosorveglianza, attivo sia all’interno che all’esterno della struttura ospedaliera, per permettere ai medici di individuare per tempo potenziali situazioni di pericolo.
IL SINDACATO
Ad esprimere solidarietà al medico coinvolto dall’episodio anche la Cgil Funzione Pubblica con Calogero Anzallo, segretario della Fp Cgil medici: “occorre fermare la fuga di risorse finanziarie e umane verso la sanità privata, salvando l’eccellenza e l’universalità del servizio pubblico” ha dichiarato ieri a Udine assieme alla segretaria generale Orietta Olivo, con l’obiettivo puntato su due appuntamenti: non solo la manifestazione nazionale sulla sanità in programma a Roma il 24 giugno, indetta dalla sola Cgil, ma anche il flashmob regionale che l’intersindacale dei professionisti medici organizzerà a Udine mercoledì 15 giugno. Dietro alla mobilitazione regionale l’aggravarsi delle carenze, «non solo di medici, ma anche di tecnici, psicologi, infermieri, operatori, negli ospedali e nelle strutture del servizio sanitario pubblico». Una fuga che non accenna a diminuire e che può essere rallentata e fermata, secondo la Cgil, anche con strategie a impatto immediato, intervenendo in primis nelle aree di maggiore criticità, come i pronto soccorso. «Bisogna incentivare medici e professionisti – sostengono Olivo e Anzallo – in primis sotto il profilo economico. L’alternativa è quella di continuare ad assistere alla fuga verso il privato o verso l’estero, molto più attrattivo per i neolaureati sia dal punto di vista degli stipendi, sia sotto il profilo professionale. Con il risultato che investiamo tanto per formarli, ma non riusciamo a trattenerli». Da qui la richiesta di nuove forme di incentivazione, anche di carattere regionale, «capaci di arginare la fuga e di rendere più attrattiva la sanità pubblica».
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