Malattie neurologiche e dieta, svolta da una ricerca in ateneo

Lunedì 13 Dicembre 2021
Dieta nodale

Dieta e malattie neurologiche: gli approcci nutrizionali low carb si confermano promettenti strategie per fare fronte all’infiammazione. È emerso durante la seconda edizione del Convegno “Nutrizione, neurodegenerazione e neuroinfiammazione”, organizzato dalla Clinica neurologica del Dipartimento di Area Medica dell’Università di Udine con il supporto di Metagenics Academy.
 

LA TERAPIA
Non si sono fatti certo attendere gli incoraggianti risultati legati all’applicazione della terapia chetogenica sui 35 pazienti affetti da emicrania che la Clinica neurologica del DAME, dopo un percorso di tre mesi, ha presentato al convegno. «La dieta è stata modulata in base alle specifiche esigenze del paziente – ha spiegato durante l’evento la responsabile scientifica, Mariarosaria Valente, della Clinica Neurologica dell’AsuFc e docente di Neurologia presso il Dipartimento di area medica dell’ateneo di Udine -.

Per esempio, solo a quanti avevano anche la necessità di perdere peso è stata applicata una very low calories chetogenic diet che ha portato ad un mantenimento della massa magra e, allo stesso tempo, ad una riduzione importante di quella grassa con un netto miglioramento della composizione corporea. I dati raccolti ad oggi sono certamente confortanti e testimoniano l’indubbia efficacia di questo protocollo che dev’essere fatto solo ed esclusivamente da personale esperto e come profilassi, fino al raggiungimento dell’obiettivo prefissato».


Un regime ipoglucidico, normoproteico, iperlipidico e soprattutto “sartoriale”, da costruire sulle caratteristiche specifiche del soggetto interessato per non incorrere in pericolosi errori, tipici, soprattutto, del “fai da te”– ha sottolineato Francesca Filippi, nutrizionista dell’équipe della Clinica Neurologica, durante il pomeriggio di lavori dedicato proprio agli aspetti più pratici del protocollo, dalle modalità di costruzione a quelle di monitoraggio di efficacia utilizzando, per esempio, la valutazione della chetonemia, ovvero la rilevazione del numero di corpi chetonici sviluppati dal paziente in seguito a forte riduzione glucidica e utilizzati dall’organismo come substrato energetico alternativo - Si tratta di un parametro che si rileva attraverso prelievo di sangue e che ancora non è chiaro – ha ricordato Filippi, menzionando anche gli ottimi risultati del protocollo su alcuni pazienti trattati, affetti da malattie rare - In base a quanto riportato in letteratura, per valutare se un paziente stia seguendo correttamente il regime prescritto, il numero di corpi chetonici sviluppati dovrebbe coincidere con un determinato valore numerico. Dalla nostra esperienza abbiamo invece rilevato che il successo della terapia è indipendente da questo dato».


Efficace anche per la riduzione dell’infiammazione nella malattia di Alzheimer, come sottolineato da Francesco Francini, sebbene ancora in fase sperimentale nei pazienti con demenza e morbo di Parkinson – ha ricordato . Andrea Bernardini (ASUFC) – il regime chetogenico ha già dato risultati confortanti e concreti nel trattamento della Sclerosi Multipla, come confermato da “Che fatica”, in corso presso la Clinica Neurologica e di Neuro riabilitazione. «Si tratta di uno studio open label a singolo braccio che vede coinvolti attualmente 15 pazienti sottoposti a regime chetogenico per un periodo di sei mesi .- ha precisato Riccardo Garbo, Specializzando in Neurologia - Dai dati preliminari di cui ora disponiamo sembra esserci un netto miglioramento in questi pazienti in particolare sul sintomo fatica e su alcuni correlati tra cui qualità del sonno, stress e tono dell’umore”. 

Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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