Malati cronici, emergenza lavoro: disoccupati e autonomi i più colpiti

Lunedì 25 Febbraio 2019 di Lisa Zancaner
Malati cronici, emergenza lavoro: disoccupati e autonomi i più colpiti
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UDINE - Non avere un posto di lavoro fa ammalare di artrosi e disturbi nervosi. Non va meglio a chi un lavoro ce l'ha, ma in forma autonoma che solitamente significa precariato; in questo caso si tende ad ammalarsi di ipertensione. La diagnosi è che disoccupati e lavoratori autonomi sono i più colpiti dalle malattie croniche. Prognosi: lavorare e possibilmente essere stabilizzati. Peccato che il medico di medicina generale non possa staccare la ricetta del reddito di cittadinanza. La correlazione tra situazione lavorativa e malattie croniche non è un'ipotesi, ma il risultato di uno studio di Osservasalute, l'Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane. E in Friuli Venezia Giulia i malati cronici sono tanti. Il 38,9% della popolazione è affetto almeno da una patologia cronica, il 20,4% addirittura da due patologie. Artrosi e ipertensione sono le principali patologie che affliggono i cittadini del Fvg, forse a prescindere dalla situazione occupazionale e riguardano rispettivamente ilo 17,2 e il 17,4% della popolazione. Anche la presenza di pollini e di piante aliene invasive fanno la differenza nella nostra regione, così il  9,2% soffre di allergie, un'altra malattia cronica, seppure più stagionale. La malattia significa anche costi e sono costi elevati. Basti pensare che un paziente affetto da ipertensione totalizza il 63,2% di prescrizioni farmaceutiche dal proprio medico di medicina generale, il 47,1% di richieste di visite specialistiche. Si aggiungano poi altre patologie croniche diffuse in Friuli Venezia Giulia come l'osteoporosi, le malattie del cuore e disturbi nervosi. Il problema della cronicità rappresenta una sfida molto importante per il futuro anche per il sistema sanitario regionale poiché, come dice l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), le malattie croniche sono problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi e richiederanno l'impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale
I NUMERILa prevalenza di cronici, cioè il numero di malati di patologie croniche, è in costante e progressiva crescita, con conseguente impegno di risorse sanitarie, economiche e sociali. L'aumento di questo fenomeno è connesso a differenti fattori come l'invecchiamento della popolazione e l'aumento della sopravvivenza dovuti al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, al mutamento delle condizioni economiche e sociali, agli stili di vita, all'ambiente e alle nuove terapie. I costi sono sempre più difficili da sostenere. Ma quanto costa un malato cronico? Dal lato dell'assistenza primaria, i dati raccolti dai medici di medicina generale riferiscono che mediamente in un anno si spendono 1.500 euro per un paziente con uno scompenso cardiaco congestizio, in ragione del fatto che questi pazienti assorbono il 5,6% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del sistema sanitario, il 4% delle richieste di visite specialistiche e il 4,1% per le prescrizioni di accertamenti diagnostici. Circa 1.400 annui, invece, li assorbe un paziente affetto da malattie ischemiche del cuore, è destinatario del 16% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del sistema sanitario pubblico, del 10,6% delle richieste di visite specialistiche e del 10,1% degli accertamenti diagnostici. E ancora. Quasi 1.300 euro all'anno vengono spesi per un paziente affetto da diabete tipo 2, 900 euro per un paziente affetto da osteoporosi. Leggermente meno onerosi sono i malati di ipertensione arteriosa, 864 euro all'anno. Se poi se ne vuole fare una questione di genere, le donne sono più frequentemente affette da patologie croniche, il 42,6% delle donne contro il 37,0% degli uomini, divario che aumenta per la multicronicità che affligge quasi un quarto delle donne a fronte del il 17,0% degli uomini. Si tratta di differenze in parte dovute alla struttura per età che è più anziana nelle donne. Particolarmente elevati i divari, a svantaggio delle donne, per l'artrosi, artrite e l'osteoporosi. Ma nel periodo adulto della vita, tra i 45 4 i 54 anni, si inverte il divario, almeno rispetto all'ipertensione che vede gli uomini svantaggiati con il 14,1%.

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Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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