Legambiente: bandiera nera a parroco e presidente del Fvg

Domenica 16 Giugno 2019 di Antonella Lanfrit
Legambiente: bandiera nera a parroco e presidente del Fvg
Una bandiera nera, due verdi e, novità, una bandiera grigia, dedicata a ciò che non è ancora accaduto ma le cui premesse sono poco promettenti secondo la logica ambientalista. È questo il mazzo di «giudizi» che Legambiente Fvg ha espresso per il 2019 nell'ormai consueto appuntamento in cui l'associazione analizza fatti e parole del territorio con il criterio della sostenibilità, soprattutto ambientale. La bandiera nera è simbolicamente attribuita al presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, ma con lui a tutti coloro che, occupando una posizione pubblica di responsabilità, nello specifico anche un parroco friulano, hanno usato una «comunicazione distorta» a proposito dei cambiamenti climatici. Fedriga, in particolare, è finito nel mirino per alcune dichiarazioni in occasione del ciclone Vaia che a fine ottobre 2018 ha devastato le zone montane della regione, con acqua e vento fino a 200 km all'ora. 
IL PRESIDENTEEbbene, hanno osservato ieri il presidente di Legambiente Fvg Sandro Cargnelutti e il referente per la montagna dell'associazione Marco Lepre, «è difficile non immaginare un nesso tra questo tragico evento e i cambiamenti climatici in atto». Tuttavia il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, «in occasione di un incontro con la Protezione Civile a Ravascletto, si è espresso utilizzando termini quali folle ambientalismo, indicandolo come un sicuro responsabile dei disastri verificatisi alla fine di ottobre». Inoltre, hanno proseguito i rappresentanti di Legambiente, «critica quegli ambientalisti che, alzando la mano dal salotto', impediscono di togliere la ghiaia dai fiumi' e di tagliare le piante' che poi cadono sulle linee elettriche e interrompono la viabilità». Eppure, hanno ricordato Cargnelutti e Lepre, «esiste un dossier sui cambiamenti climatici a cura di Arpa Fvg dove si affrontano i diversi scenari di impatto in Regione e dove si evincono le possibili cause». Per Legambiente, quindi, alcune affermazioni seguite al ciclone Vaia sono state «un'occasione mancata per inquadrare correttamente il fenomeno e il futuro che ci attende».
IL PARROCOComunicazione non azzeccata anche quella del parroco di Resia, don Alberto Zanier, che sul bollettino parrocchiale a proposito della giovane attivista svedese Greta Thunberg, protagonista di una mobilitazione transnazionale per uno sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico, ha scritto essere «una ragazza che soffre di autismo, utilizzata ad arte dai suoi genitori». Quanto ai cambiamenti climatici ha considerato che «certo non ci sono più le stagioni di una volta, ma la scienza ci dice che tutto questo è già accaduto è che i climi cambiano da un decennio all'altro». Bandiera nera, hanno concluso sul punto gli esponenti di Legambiente, «non per ritorsione corporativa», ma per «richiamare tutti, e soprattutto chi riveste pubblica autorità all'uso responsabile delle parole. Sempre. A maggior ragione su questi problemi che riguardano il presente ma, soprattutto, il futuro dei nostri territori». 
COOP GREENSono «verdi» invece, e dunque positive, le bandiere che Legambiente ha attribuito a due cooperative nate in montagna con iniziative che si sono dimostrate più che indovinate. A Chiusaforte, la cooperative «Scluse» presieduta da Fabio Paolini ha riaperto e sta gestendo la stazione ferroviaria dismessa del paese sulla ciclovia Alpe Adria. Un'iniziativa, recita la motivazione, «a servizio della mobilità lenta, dei pellegrini in cammino, degli amanti del treno e dell'ambiente. Un punto di riferimento per il paese e un esempio virtuoso di Fasin di bessoi' aperto al mondo», poiché ha detto Lepre, «a quanto ci risulta la gestione non è sostenuta da fondi pubblici». Dall'altro capo della montagna friulana, a Collina di Forni Avoltri, bandiera verde per la CoopMont, grazie alla quale un gruppetto di giovani ha riportato a coltivazione terre incolte ai piedi del Coglians per rilanciare l'antica varietà orticola locale del «cjapùt», il cavolo cappuccio, dimostrando che «di montagna in montagna si può vivere». L'anno scorso la produzione è andata esaurita ed ha avuto gran successo la «Festa dei cavoli nostri».
Antonella Lanfrit 
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