Infermieri in fuga dal Friuli: almeno il 20% via dagli ospedali

Lunedì 28 Settembre 2020 di Lisa Zancaner
infermieri e medici di una terapia intensiva
UDINE Aziende sanitarie «poco attrattive» e gli infermieri si danno alla fuga. Sono tra le figure professionali più ricercate, e non solo in era Covid, ma difficili da trovare. 
«Almeno il 20% degli infermieri che formiamo poi se ne vuole andare perché non ha stimoli a fermarsi qui», afferma Stefano Giglio, presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Udine. Una grana che potrebbe rendere difficile il reperimento di queste figure per attivare gli infermieri di famiglia e di comunità come dispone un recente Decreto legge per potenziare la presa in carico sul territorio dei soggetti affetti da Covid-19, anche coadiuvando le Usca e i servizi offerti dalle cure primarie, in relazione ai modelli organizzativi regionali, prevedendo un massimo di 8 infermieri ogni 50mila abitanti. Devono, però, essere infermieri che al momento non abbiano un rapporto di lavoro subordinato con strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate, ma al contempo «professionisti appositamente formati» con, ad esempio, un'esperienza (almeno due anni) in ambito distrettuale/territoriale, domiciliare o esperienza di percorsi clinico-assistenziali (Pdta), di integrazione ospedale-territorio, di presa in carico di soggetti fragili. «Altresì precisano le linee di indirizzo - si ritiene necessario avviare iniziative di formazione aziendale, sulla base di indicazioni regionali, che permettano di formare, in tempi brevi, infermieri per questa nuova forma di attività assistenziale territoriale». Questo sulla carta, ma nei fatti? «Da una parte si dice che bisogna reclutare personale anche con forme di co.co.co. spiega Giglio ma al capitolo di competenze si parla di personal formato ed esperto. Questi infermieri si possono reclutare anche tramite agenzie interinali, ma come si fa ad acquisire infermieri esperti tramite le agenzie? O meglio precisa sarà anche facile reclutarli, ma prima vanno trovati e oggi le risorse sono quelle che sono in termini di personale, sia formato, sia neoassunto. La coperta è corta». A questo si aggiunge il prosciugamento della graduatoria del concorsone da 545 posti arrivata già al quinto utilizzo.
 
GRADUATORIA
L'Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, infatti, ha attinto un paio di settimane fa 75 candidati dalla graduatoria ritenendo che «risulta prioritario e improcrastinabile far fronte al fabbisogno complessivo di personale, in relazione alle esigenze di copertura del relativo turn-over e di messa in sicurezza dei reparti - sia per l'utenza che per gli operatori - nell'ottica di garantire la piena funzionalità dei servizi assistenziali, con particolare riguardo sia a quelli ospedalieri a più alta intensità di cura che a quelli delle strutture collocate sul territorio». Necessità che vanno a integrarsi con quelle legate alla gestione dei percorsi separati Covid, che rendono necessario potenziare le dotazioni di personale infermieristico per far fronte alle correlate esigenze oltre che alla ripresa dell'attività assistenziale ordinaria. «Dal concorso si possono attingere ancora 180 unità sottolinea Giglio un nulla e non è detto che siano tutti reclutabili». Dietro l'angolo c'è sempre il rischio che gli infermieri preferiscano andare altrove. «Dobbiamo trovare un meccanismo che non ci faccia scappare almeno il 20% degli infermieri sostiene il presidente dell'Opi Serve una politica di welfare aziendale mirato per trattenere gli infermieri. Penso, ad esempio, a facilitazioni per trovare un alloggio o la mensa gratuita. E' un tema che dobbiamo affrontare, per cui serve aprire subito un tavolo con la regione per migliorare l'attrattività delle nostre aziende».
 
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