Guerra in Ucraina, acciaio a rischio: l'edilizia verso il baratro

Domenica 27 Febbraio 2022 di Davide Lisetto
Ediilzia in crisi

UDINE - Nelle aziende metalmeccaniche del Friuli Venezia Giulia è già cominciata la fame d’acciaio. Il caso del Gruppo Pittini - che a Osoppo ha deciso di spegnere lo stabilimento delle Ferriere Nord (dove da domani, 28 febbraio, circa 400 dipendenti saranno a casa) - rischia di creare un effetto domino che apre scenari incerti e molto preoccupanti.

Le imprese che per le loro diverse tipologie di produzioni utilizzano l’acciaio rischiano infatti di trovarsi stritolate da una sorta di terribile morsa. Da una parte il costo a livelli folli del gas (che avrebbe sfiorato il 30 per cento di aumento in un solo giorno, dopo l’invasione dell’Ucraina) dall’altra il quasi certo “razionamento” nelle forniture di acciaio, visto che l’Ucraina è uno dei maggiori produttori in Europa proprio di acciaio.

I COLOSSI
Rispetto ai colossi produttivi del territorio l’eventuale carenza di acciaio potrebbe avere ricadute anche su Fincantieri. Ma la stessa Electrolux: già dall’anno scorso nello stabilimento di lavabiancheria di Porcia la multinazionale svedese ha dovuto fermare le linee per la mancanza di materie prime, tra queste spesso a mancare era proprio la lamiera che serve per realizzare la “carrozzeria” delle lavatrici. Ora con il peggiorare della situazione l’approvvigionamento potrebbe essere ancora più difficile. Ma un allarme molto preoccupato rispetto allo stop del Gruppo Pittini arriva anche dal settore delle costruzioni. «L’edilizia - come sottolinea Alessandro Zadro, presidente degli Edili di Confartigianato Fvg - rischia di trovarsi a corto dei tondini di ferro che servono per le gettate di cemento armato con il rischio di compromettere le attività nei cantieri».
«Se, come pare di capire - sottolinea Michelangelo Agrusti - presidente di Confindustria Alto Adriatico che nelle ultime ore ha istituito una task-force per assistere le imprese che più hanno rapporti commerciali con Ucraina e Russia - non sarà una guerra lampo le ricadute saranno a cascata non solo sulla metallurgia e metalmeccanica ma su tutti i comparti del manifatturiero. Andremo incontro a una crisi sistemica».

Il problema potrebbero le essere le esportazioni della nostra regione verso i due Paesi in guerra. Ma il nodo forse più grave è quello delle importazioni. Del gas dalla Russia. E dell’acciaio, ma di grano dall’Ucrina. E su questo fronte per la più grande multinazionale siderurgica ucraina, Metinvest, colosso da 13 miliardi e mezzo di dollari di ricavi, San Giorgio di Nogaro è strategicamente tanto importante quanto il porto di Mariupol. Metinvest nel nostro Paese ha due impianti di laminazione, in provincia di Verona e, quello più importante, a San Giorgio di Nogaro, 251 dipendenti. Il blocco delle attività in Ucraina potrebbe avere effetti nel breve periodo anche su San Giorgio di Nogaro e quindi per l’intera regione, oltre che per l’Italia. Il piano B potrebbe prevedere l’utilizzo del porto di Odessa o l’approvvigionamento di materie prime da altri parti del mondo. Ma questo non può avvenire nell’immediato. Inoltre, qualsiasi sanzione a livello di dazi sulle materie prime sulla Russia, potrebbe però creare un innalzamento dei prezzi dell’acciaio.
 

Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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