Giustiniani, giornalista di classe: il mestieraccio, Venezia e l'amore per Elisabetta

Lunedì 29 Agosto 2022 di Edoardo Pittalis
Giulio Giustiniani con la moglie Elisabetta Nonino

Diceva: Il giornalismo è l'unico mestiere che permette di restare adolescenti tutta la vita. Non nel senso di non crescere mai, ma in quello di avere la forza di continuare a sognare. E Giulio Giustiniani ci ha creduto fino all'ultimo trasformando più volte i suoi sogni nella vita.

Fino all'ultimo sonno, in un letto d'ospedale a Udine, quando sapeva che quello sarebbe stato l'ultimo sogno. Giulio Giustiniani, nato a Firenze 70 anni fa da famiglia veneziana, è stato il direttore del Gazzettino dal 1996 al 2001. È arrivato dopo Giorgio Lago che aveva sotto molti aspetti rifondato l'immagine del giornale. Veniva dal Corriere della Sera dove era vicedirettore. Cresciuto professionalmente nella Nazione di Firenze e poi nel Resto del Carlino a Bologna, un mestiere imparato dal basso: molta cronaca e un po' di politica, tanto per non dimenticare le lezioni del suo maestro universitario, il politologo Giovanni Sartori. A chi gli chiedeva come dovesse essere il giornalista perfetto, rispondeva: «Prima le gambe, poi gli occhi e infine la testa. Non puoi ragionare su cose non viste». Lamentava che ormai il mestiere fosse fatto di computer, chiacchiere di colleghi e di telefonate. Al Gazzettino arriva in un momento non facile, proprio quando il Nordest esplode in tutta la sua forza economica, diventando la locomotiva non soltanto dell'Italia e questo raccoglie e nasconde sussulti di ogni genere, dalle tentazioni secessioniste a forme di autarchia sociale. L'editoriale col quale il 6 giugno 1996 si presenta ai lettori dimostra che in Italia molte cose da allora non sono cambiate: «No. Nessun partito in questa Italia infelice e straordinaria, ha tutte le carte in regola. Anzi pare che tornino a profilarsi due vecchie tentazioni, opposte ma ugualmente deleterie: ridurre la politica a rissa, quasi che l'alternanza democratica debba assomigliare a una guerra civile, oppure abbandonarsi a confuse ammucchiate di governo tra destra e sinistra».


LA BIOGRAFIA
L'emergenza è sempre dietro l'angolo. Cattolico liberale, figlio di un antifascista iscritto al Partito Popolare, rifiuta l'etichetta di conservatore. Viene da una famiglia che a Venezia aveva fatto la storia, nella quale c'erano stati un doge, un santo e qualche avventuriero. Ma è un periodo nel quale un pezzo di Veneto non gradisce intrusi e non tollera che qualcuno gli dica cosa pensa. C'è la discesa della Lega a Venezia, il discorso di Bossi contro il tricolore, quando consiglia a una signora di gettare la bandiera nel cesso. C'è la scalata del Campanile in una notte scombinata e folle in Piazza San Marco. Il Gazzettino è testimone puntuale dei fatti e cerca di capire, chiama a commentare i più attenti osservatori della realtà veneta. A certi non piace, incominciano ad arrivare al giornale lettere anonime: Vattene terrone. Poi anche buste con bossoli di pistola. Sulle pagine della Padania ci sono attacchi contro l'ingiustiniano.


IL RAPPORTO CON I LETTORI
Nel salutare i lettori del Gazzettino mostra tutto il suo carattere, taglia corto: «Tra i peggiori generi giornalistici c'è l'articolo di commiato dei direttori, spesso trasudante trionfalismi spossati e moralismi amarognoli». L'uomo non ama la ribalta. Non gli piace apparire, non lo fa neppure da direttore della Sette, l'emittente tv dove va subito dopo l'esperienza veneziana. Poteva sembrare nei comportamenti perfino anacronistico rispetto a un ambiente che aveva imparato a gridare, non per farsi sentire ma per non far sentire gli altri. Lui era educato al punto che si alzava se nella stanza entrava qualcuno e agli inizi c'era chi lo prendeva in giro: «Un sacco di gente confonde la buona educazione con la mancanza di carattere». Timido però, no. Il periodo veneto ha coinciso con la morte del padre Nello e con la nascita della sua nuova famiglia. Quello della scomparsa dell'ingegner Giustiniani fu il suo muro invalicabile. Giulio arrivò tardi. Poi si ritrovò stupito a osservare la madre che sul divano dondolava «il busto avanti e indietro cantando da sola una ninna nanna di quando era bambina». Le sembrò un rabbino perso nei suoi salmi.


LA FAMIGLIA
L'amore lo trovò a Percoto, dove conobbe Elisabetta Nonino. Rimasi folgorato racconterà; tanto che Gianola, la grande madre della famiglia, si preoccupò e chiese a Cesare Romiti informazioni su quel giornalista che veniva dal Corriere. La risposta fu: bravo, ma con un debole per le belle donne. E Gianola mise le cose a posto come ricordava Giustiniani: «Venne e mi disse: stai attento a non far soffrire mia figlia». Con Elisabetta ha avuto tre figlie: Caterina e le gemelle Costanza e Beatrice. Dal primo matrimonio sono nati Giovanni e Nicolò. Cinque figli ai quali ha dedicato dieci anni fa un bellissimo libro nel quale raccoglie le storie della famiglia, Il sangue è acqua (Fazi editore). Lo ha scritto perché Caterina era curiosa della vita precedente del papà, e una volta Giulio trovò in camera della figlia un biglietto commovente che aveva scritto per il nonno Nello che non aveva mai conosciuto. Aveva ritrovato la voglia di scrivere e vecchie passioni come la barca con la quale prendeva spesso il largo da Grado, la cucina ed era un bravo cuoco. Ormai in pensione poteva permettersi di dedicarsi quasi a tempo pieno al giardinaggio e stava completando per un editore veneto un libro intitolato Pettinati dal vento. Storie segreti e follie di giardini e giardinieri. Partiva proprio dal giardino davanti alla sua casa di Percoto, in Via dei Sassi che è un bel nome. Gli ricordava l'ombra del cedro sotto il quale la nonna raccontava ai bambini le sue storie più belle. Era dedicato alla moglie Elisabetta che non ama il mio giardino e minaccia: un giorno te lo brucerò con un lanciafiamme. Sono certo che nessun toccherà il tuo giardino. Ciao Giulio e buon viaggio.
 

Ultimo aggiornamento: 17:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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